Il pil cinese nel primo trimestre del 2022 è cresciuto del 4,8% su base annua, ma il lockdown di Shanghai e diversi altri elementi d'incertezza rischiano di provocare un contraccolpo negativo nei mesi a venire, ponendo a rischio l'obiettivo del 5,5% fissato dal governo. I dati sono stati pubblicati oggi dall'Ufficio nazionale di statistica di Pechino.
Le vendite al dettaglio il mese scorso sono calate del 3,5 per cento, anche a causa dei lockdown intervenuti in città come Tianjin e soprattutto Shanghai. L'attività industriale si è allargata a marzo del 5% su base annua, ma è stata in rallentamento rispetto ai primi due mesi dell'anno.
Il tasso di disoccupazione a marzo è salito al 5,8%, il più alto da maggio 2020, mentre a febbraio era al 5,5%.
Sempre nel mese di marzo, le esportazioni e le importazioni sono risultate a marzo in termini di dollari rispettivamente del 15,8 e del 9,6% più alte, ma una brusca frenata è attesa ad aprile a causa dei lockdown.
ll Fondo monetario internazionale, che ha diffuso oggio le sue stime, ha ulteriormente ridotto le sue previsioni di crescita annua per la Cina dal 4,8% di gennaio al 4,4% di oggi per il 2022, ben al di sotto di ciò che Pechino mira a raggiungere, ossia il 5,5% ritenuto necessario dal Partito Comunista per creare fino a 13 milioni di posti di lavoro urbani in un anno.
Secondo il World Economic Outlook, i lockdown imposti contro il Covid-19 e l'invasione russa dell'Ucraina stanno aggravando la pressione sulla seconda economia più grande del mondo.
Pechino sta combattendo una serie di problemi economici, alcuni dei quali sono di sua creazione. La campagna di Xi Jinping dello scorso anno per allontanare la Cina dal capitalismo in stile occidentale ha eroso la fiducia delle imprese e causato un crollo degli investimenti privati.
L'approccio intransigente al Covid-19, incluso l'attuale di diverse settimane a Shanghai, ha danneggiato la spesa dei consumatori e interrotto l'offerta di beni.
A questo si aggiungono una domanda estera più debole e l'accresciuta pressione inflazionistica a causa dell'impennata dei prezzi delle materie prime, entrambi aggravati dalla guerra in Ucraina.
Le previsioni dell'Fmi per la Cina sono state riviste al ribasso rispetto a un tasso di crescita del 4,8% previsto dall'Fmi a gennaio e del 5,6% stimato a ottobre. Inoltre il rallentamento più brusco, secondo l'Fmi, potrebbe portare a maggiori rischi finanziari, poiché gli attori economici più profondamente indebitati, governi locali, famiglie e imprese immobiliari in primis, troveranno più difficile rimborsare i debiti. (riproduzione riservata)