In Cina l’inflazione ha sfiorato in settembre la soglia del 3% su base annua rispetto al 2,8% di agosto, con una previsione a fine anno del 3,5%. L’incremento di oltre il 60% del prezzo della carne di maiale a causa dell’epidemia della febbre suina è una delle cause principali, ma anche gli altri prodotti alimentari sono cresciuti dell’11,2%, con una punta del 38% da inizio anno per la frutta, che ha un'importaza particolare dall’interno del paniere.
La Cina non solo è il primo produttore mondiale di frutta, in particolare di mele,pere, angurie e meloni, ma negli ultimi anni è stata anche un driver per le importazioni di cui è diventata il secondo importatore al mondo, per un valore di circa 8 miliardi di dollari, secondo dati recenti, rispetto a 2 miliardi del 2006. La tipologia di frutta importata varia: dalla ciliegia del Cile,alle arance della California, Australia, Sud Africa, Spagna ed Egitto,all’ avocado del Messico e al durian della Tailandia.
Le ragioni che hanno determinato questo incremento nei prezzi di acquisto sono da cercare nell’aumento del consumo procapite, da 37,8 kg del 2013 a 45,6 kg del 2017, contrapposto ad una stabile produzione domestica. Le aree adibite a frutteti, 11 milioni di ettari nel 2013, sono rimaste sostanzialmente le stesse nell’arco degli ultimi cinque anni presi a campione, con una piccola variazione dell’1% nel 2017. La domanda è stata invece influenzata dalla ricerca e dall’attenzione a una migliore qualità da parte dei nuovi consumatori appartenenti prevalentemente alla classe media, dalle importazioni di varietà di frutta diversa da quella consumata nel passato e dal superamento della stagionalità delle produzioni locali grazie alla disponibilità durante tutto l’anno, assicurata anche dall’e-commerce.
Nel recente passato la frutta tradizionale rappresentava la base della regalistica quando si visitava una famiglia o nella ricorrenza del Capodanno cinese: mele, pere, le piccole arance del sud della Cina e i mandarini dell’area dello Zheijang uniti alla tradizionale melograna, frutto simbolo dell’Asia Minore così ricco di significato. I frutti venivano raccolti in piccoli cesti di bambù o in piatti decorati con qualche scritta propiziatoria.
Oggi, le dimensioni dei cesti sono cambiate e le confezioni di scatole di frutta importata sono diventate status-symbol per l’ostentazione del regalo in se stesso. In sostanza la frutta è diventata una parte importante della qualità della vita, considerata un superfoods, scelta e consumata con un’attenzione maniacale ai valori nutrizionali e agli anti ossidanti.
Ed è anche consumo dettato dalle mode, come nel caso del durian, del pomelo o delle Fuji apple. Frutto originario della Tailandia e di Taiwan, che non appartiene, quindi, né alla tradizione cinese nè a quella occidentale, il durian è diventato componente di dolci, pizze e gelato, nonostante l'odore disgustoso. Il pomelo è invece una sorta di incrocio con base il pompelmo, mentre le speciali mele giapponesi costituiscono una nicchia in crescita, nonostante i 15 euro cadauna di prezzo al dettaglio.
In questo scenario il kiwi ha una rilevanza particolare: originario della Cina, chiamato Ribes cinese o Qinmei, appartiene alla famiglia dell’actinindia, una speciale pianta rampicante di cui vennero portati nel 1904 alcuni semi in Nuova Zelanda da una viaggiatrice dell’epoca, Isabel Fraser. Il nome attribuito successivamente a questo frutto derivò da un apparente somiglianza con il kiwi, l’uccello tipico di quel Paese venerato degli aborigeni. In Cina, è stata ripresa la coltivazione nel 1998 nella provincia dello Shaanxi, nel nord ovest, dove si producono anche vini di una certa importanza e ben strutturati, ma la produzione non è sufficiente a soddisfare la domanda attuale, che mostra un'attenzione particolare per la varietà kiwi rosso.
Attualmente vengono importati in Cina, senza alcun dazio, circa diecimila container all'anno di questo frutto dalla Nuova Zelanda, che con il Dragone ha sottoscritto un accordo di multi Free Trade agreement. Anche l'Italia, secondo produttore mondiale di kiwi, sta approfittando di questo trend grazie a un protocollo bilaterale sottoscritto quattro anni fa, che quest'anno, per il terzo anno consecutivo, garantisce le esportazioni tricolori.
All’ultima Fiera Fruit Attraction di Madrid, conclusa qualche giorno fa, è emerso però un dato inquietante: la Grecia sta diventando un acerrimo competitor dell'Italia con un prodotto venduto al 30% in meno, anche grazie alla struttura del Porto del Pireo, di proprietà cinese, che ne facilita l’ export verso la Cina.
A Madrid si è saputo anche che la Spagna, sulla frutta, la sta facendo da padrona con quattro volte le esportazioni italiane, fortemente penalizzate a livello di infrastrutture logistiche che rappresentano oggi il differenziale nei costi e nel time to delivery.
* managing director a Shanghai di Savino Del Bene, azienda di trasporti internazionali e logistica. Vive e lavora in Cina da oltre 25 anni