La struttura della bilancia commerciale cinese è alquanto indicativa dell’approccio alla gestione della sua economia. La preoccupazione del mantenimento della liquidità in termini di valuta estera ha avuto come risultato la tanto propagandata strategia della “doppia circolazione” che molto semplicemente ha come corollario il mantenimento di un considerevole divario tra esportazioni e importazioni. Il concetto essenziale che sta dietro la “doppia circolazione” è infatti il mantenimento di un rapporto di 1,3 tra esportazioni e importazioni.
Il commercio estero della Cina è essenzialmente un “managed trade”. Nonostante i titoli dei media enfatizzino la contrazione di esportazioni ed importazioni, la realtà è che il surplus dei primi due mesi del 2023 è aumentato solo di 7 miliardi di dollari rispetto allo stesso periodo del 2022.
A livello bilaterale, la Cina ha ridotto il proprio surplus di 18,3 miliardi nei confronti degli Stati Uniti, su 404 miliardi di surplus a fine 2022, parzialmente compensandolo con l’azzeramento del proprio deficit strutturale nei confronti della Corea del Sud (da 11 miliardi a zero). Anche se il deficit con l’Australia è cresciuto di 3 miliardi di dollari, simultaneamente il deficit con Taiwan, primo paese fornitore del Dragone, con 240 miliardi di merci importate nel 2022, si è ridotto di 10 miliardi. Il più che raddoppiato deficit con la Russia è stato mitigato dall’ottenimento di un surplus di 3 miliardi di dollari con il Giappone (lo scorso anno il deficit con il Giappone era pari a -3 miliardi di $).
Per quanto concerne l’Unione europea, dai dati cinesi risulta che, nei primi due mesi del 2023, il totale interscambio si è ridotto dell’8%, anche se permane il considerevole surplus, marginalmente ridotto da 38 a 37 miliardi di dollari.
Tuttavia, dai dati Eurostat da poco pubblicati risulta che, a gennaio 2023, l'UE ha ridotto del 14% il suo deficit commerciale con la Cina. Le esportazioni verso la Cina sono aumentate del 7%, mentre le importazioni sono diminuite del 7% rispetto allo stesso mese dell'anno precedente. Il deficit a gennaio è stato di 29,9 miliardi di euro, poco sotto la soglia psicologica del miliardo al giorno.
Per avere un termine di confronto, va ricordato che, nel 2022, la Cina ha consolidato la propria preminente posizione nell’ambito della graduatoria degli esportatori mondiali, registrando vendite estere totali di merci per un valore di 3.600 miliardi di dollari, livello massimo storicamente raggiunto, con un incremento del 7,2% rispetto al 2021.
Le importazioni hanno fatto registrare un incremento tendenziale dell’1,3% rispetto al 2021, per un valore complessivo di 2.721 miliardi di dollari, anch’esse al record storico. Il surplus commerciale è quindi aumentato a 879 miliardi di dollari, rispetto a 671 miliardi del 2020, segnando una dinamica espansiva per il quarto anno consecutivo.
Gli Stati Uniti hanno continuato a rappresentare il principale mercato di sbocco per le esportazioni di merci cinesi con una quota che, nel 2022, è stata pari al 16,1% sul totale e valori in aumento dell’1% rispetto al 2021. In seconda posizione si è collocata Hong Kong, con una quota dell’8,4% e con valori in flessione del 13,9%, unica destinazione tra le principali ad aver mostrato una riduzione rispetto al 2021, seguita dal Giappone, con un’incidenza del 4,8% del totale e un incremento annuale delle vendite cinesi del 4,4%.
In quarta posizione si è posizionata la Corea del Sud verso la quale le esportazioni cinesi sono aumentate del 10,1%, seguita da Vietnam con una quota sul totale del 4,1% ed un incremento dei valori esportati del 7,1%. In sesta posizione si è collocata l’India, verso la quale le vendite estere della Cina sono aumentate del 21,8% nel 2022 che ha superato di poco i Paesi Bassi, primo mercato di sbocco europeo, verso il quale le esportazioni cinesi hanno registrato un incremento pari al 15%, precedendo la Germania, con una quota del 3,2% e vendite aumentate soltanto dello 0,9%.
L’Italia, nel 2022, si è collocata in ventiduesima posizione della graduatoria dei mercati di sbocco delle esportazioni della Cina, con una quota aumentata all’1,4%, rispetto all’1,3% del 2021.
Sul fronte delle importazioni, Taiwan si è confermato il primo paese fornitore estero della Cina, nonostante un decremento delle proprie vendite del 4% rispetto al 2021, con una quota di mercato dell’8,8%. In seconda posizione si è collocata la Corea del Sud, con una quota del 7,4% ed una flessione tendenziale delle proprie vendite pari al 6,3%, precedendo il Giappone la cui quota di mercato si è contratta al 6,8%, rispetto al 7,7% del 2021, a causa di una flessione annuale delle vendite del 10%. In quarta posizione, si sono collocati gli Stati Uniti che hanno fatto registrare una dinamica relativamente statica delle proprie vendite (-1,1%), con una quota di mercato che è lievemente diminuita al 6,5% rispetto al 6,7% del 2021.
In quinta posizione della graduatoria dei fornitori della Cina si è classificata l’Australia dalla quale gli acquisti cinesi hanno fatto registrare una flessione tendenziale del 12,7%. In settima posizione, dopo la sesta che è rappresentata dalle reimportazioni della Cina per traffico di perfezionamento passivo, si è collocata la Russia che, in netta controtendenza, a causa del riorientamento delle proprie esportazioni di idrocarburi a seguito della guerra in Ucraina, ha fatto registrare un aumento delle proprie vendite sul mercato cinese pari al 42,1% rispetto al 2021, superando così la Germania, primo fornitore europeo della Cina con una quota del 4,1% sul totale, le cui vendite, espresse in dollari, si sono mostrate in flessione del 7,1%. (riproduzione riservata)
* direttore della sede Ice di Pechino