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Politica

Dazi Ue-Cina, la partita si allarga anche ad abiti, make up e oggettistica

Si sta valutando se colpire anche i prodotti sotto i 150 euro che finora godono di franchigia doganale. Intanto sull'auto elettrica, la cinese Byd inaugura una fabbrica in Thailandia destinata a produrre veicoli da esportare in Europa, bypassando, quindi, i dazi Ue appena decisi. Le opinioni degli economisti tedeschi


03/07/2024 18:08

di Elena Dal Maso - Class Editori

settimanale
Ursula von der Leyen, presidente della commissione Ue

Mentre Bruxelles e Pechino hanno riavviato i colloqui sulle auto elettriche vendute sottocosto in Ue per evitare dazi (38%) che entrerebbero in vigore già da domani 4 luglio in via provvisoria), l'Unione Europea sta lavorando ad un progetto di tassazione sulle merci cinesi di uso comune, dagli abiti al makeup, agli oggetti per la casa. Una decisione che andrebbe a colpire colossi quali Temu, AliExpress (Alibaba) e Shein che fanno grande campagna anche in Italia su prodotti a prezzi stracciati.

Attualmente l'Ue prevede una franchigia doganale di 150 euro su acquisti online destinati a piccoli regali o per uso personale, ma questo ha permesso un enorme aumento delle importazioni di piccolo valore dalle piattaforme cinesi. La proposta, anticipata dal FT, mirerebbe ad arginare questo flusso e si applicherebbe a tutte le piattaforme di e-commerce extra-Ue. Anche gli Usa prevedono un'esenzione simile per i beni di costo limitato, ma il Congresso sta esaminando diverse proposte per introdurre dazi, dopo la decisione di portarli a oltre il 100% nei confronti delle auto cinesi importate negli Stati Uniti.

L'altro lato della medaglia dei dazi da imporre sull'import è che alzare le barriere doganali nei Paesi occidentali indica importare inflazione, su cui le banche centrali, Bce e Fed, guardano con grande attenzione. E la richiesta di merce a basso costo dalla Cina deriva dalla domanda dei consumatori per beni a prezzi più contenuti, più in linea con le loro possibilità di spesa.

Del resto l'espansione di Shein in Europa ha sottratto quote di mercato ai rivenditori europei di abbigliamento come H&M e Zara (Inditex), spingendo Amazon a lanciare il proprio negozio online a basso costo, secondo quanto riporta Bloomberg. D'altra parte la stessa Shein, alla ricerca di nuovi capitali occidentali, non è riuscita per ora a quotarsi nè Wall Street nè a Londra e adesso pare mediti l'ipo a Hong Kong, in patria, per 59 miliardi di euro.

Sul fronte dei dazi europei contro le auto elettriche cinesi c'è da registrare c'è da registrare l'annuncio di Byd, il maggiore produttore di auto a nuova energia che minaccia da vicino la leadership di Tesla, dell'apertura proprio domani della nuova fabbrica in Thailandia, dove produrre auto da esportare anche in Europa, aggirando in questo modo le barriere europee contro la Cina.  

Byd, nel cui azionariato figura il miliardario americano Warren Buffet, ha investito poco più di 450 milioni di euro per costruire un impianto di produzione a Rayong, una delle province della Thailandia. Si tratta di un paese in crisi, che ha bisogno come l'aria di investimenti stranieri, quindi permeabile a questo tipo di iniziative.

Byd ha anche chiarito che nel paese del Sudest asiatico i suo SUV Atto 3, che verrà prodotto a Rayong con una capacità annua di 150mila unità, costerà a pubblico tailandese 340mila baht (circa 8.600 euro), un prezzo scontatissimo. Ma la realtà è che la gran parte della produzione non sarà diretta al mercato interno tailandese, bensì all'estero e, soprattutto, all'Europa.

Non è un caso che l'inaugurazione della fabbrica sia stata fissata per il primo giorno di applicazione dei nuovi dazi decisi dall'Ue. Tuttavia il rischio di una massiccia invasione di auto elettriche cinesi non sembra esserci al momento in Europa. Secondo quanto scrive Nikkei Asia, solo il 10% delle esportazioni di questo prodotto è andato all'Europa occidentale nei primi quattro mesi di quest'anno. Questo a discapito dei mercati limitrofi alla Cina che, alla luce anche di un rallentamento del suo mercato interno, ha gli inventari carichi e tende a riversarli nei paesi del Sudest asiatico e a farsi una guerra al ribasso sui prezzi.

In Thailandia, per esempio, le nuove immatricolazioni di auto completamente elettriche sono aumentate del 31,64% da gennaio a maggio rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, anche se le vendite complessive di veicoli sono diminuite del 23,8%.

Sull'argomento dazi sulle auto cinesi si sono espressi anche gli economisti tedeschi interrogati dall'Ifo Center for Public Finance, l'autorevole thinktank tedesco. Il 33% dei partecipanti al panel di economisti Ifo ritiene che i dazi compensativi siano giusti per contrastare i sussidi del governo cinese. L'11% vuole tariffe più basse, il 6% più alte. Allo stesso tempo, il 33% dei professori ritiene che non sarebbe opportuno alcun dazio compensativo, citano il rischio di un'imminente guerra commerciale.

Inoltre le tariffe non eliminerebbero il dominio delle auto elettriche cinesi e che i produttori europei non diventerebbero più efficienti. «Trattare con la Cina è una sfida. I rischi geopolitici, le risposte alla strategia economica e di esportazione della Cina e il mantenimento del libero scambio devono essere soppesati l'uno con l'altro», ha spiegato Niklas Potrafke, direttore dell'Ifo che ha sede a Monaco.

Allo stesso tempo, il 34% dei partecipanti si dichiara favorevole a sovvenzioni dell'Ue per le industrie al fine di ridurre la dipendenza dalla Cina, mentre il 53% si oppone. Per loro, Pechino è allo stesso tempo un partner, un concorrente economico, un rivale sistemico e un avversario geopolitico. Il 65% dei partecipanti vede la Cina come un partner, il 59% come un concorrente economico o un rivale sistemico e il 51% seleziona "avversario geopolitico".(riproduzione riservata)


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