Sì al modello Pirelli. È alla Bicocca che occorre guardare nei rapporti economici con la Cina. Anche per le pmi. Con il passaggio nel 2015 della maggioranza al colosso cinese ChemChina il gruppo degli penumatici ha saputo tutelare il proprio know how tecnologico e l’italianità anche grazie agli accordi di governance stipulati con la nuova proprietà. «Un’operazione fatta guardando alle prospettive di crescita di lungo periodo e non solo all’esigenza di fare cassa nel breve termine», commenta il viceministro dell’Economia, Massimo Garavaglia, a colloquio con MF-Milano Finanza. L’esponente leghista ha parlato ieri a margine del forum finanziario italo-cinese a Milano, che ha visto il ministro dell’Economia Giovanni Tria accogliere il suo omologo della Repubblica Popolare Liu Kun e la partecipazione di istituzioni finanziarie e assicurative di entrambi i Paesi con l’intento di avviare una collaborazione strutturata e improntata alla parità. L’obiettivo, ha chiarito il viceministro nel suo intervento, «è realizzare una crescita basata su una fiducia reciproca»
D’altronde, è emerso durante i lavori, anche in Cina le pmi hanno un peso rilevante come nel tessuto imprenditoriale della Penisola. «Le imprese italiane, sono fortissime non solo nel lusso e nella moda ma anche in settori come meccanica o farmaceutico; vanno sostenute nell’interscambio», ha quindi aggiunto Garavaglia a Palazzo Marino.
Domanda. La Cina guarda con attenzione all’Italia proprio per le caratteristiche delle pmi e del loro know how specialistico, oggetto di una parte consistente delle operazioni cinesi nella Penisola e spesso a rischio di acquisizioni predatorie. Il modello Pirelli è replicabile anche per sostenere le pmi?
Risposta. Ci sono diversi livelli di intervento. Per iniziare occorre comunque una premessa. La Cina offre grandi opportunità. Le stime della Banca Mondiale proiettano al 2022 un aumento a circa 300 milioni del numero delle famiglie cinesi con disponibilità finanziaria superiore a 100 mila euro. Le imprese italiane hanno dalla loro una piattaforma di sostegno costituita da Cdp, dalle banche e dalle assicurazioni italiane. Un pacchetto completo, capace di costituire una «one door», una singola porta d’ingresso al mercato cinese mettendo a disposizione servizi che spaziano dal credito alle garanzie, dall’equity al venture capital e destinati a facilitare l’internazionalizzazione. Ovviamente ogni imprenditore è padrone a casa propria e decide liberamente come muoversi. Il fatto importante è però che questi strumenti siano oggi a disposizione.
D. Il suo collega allo Sviluppo Economico, Michele Geraci, intende favorire gli investimenti greenfield e in passato ha proposto un sistema di verifica sui risultati dell’acquisizione, legando l’acquisto di ulteriori quote alla capacità di generare valore. Ritiene fattibile una tale strategia?
R. Come ho detto, l’imprenditore è padrone a casa sua, ma deve poter contare su un sostegno organizzato e strutturale. Non dobbiamo dimenticare che il sostegno finanziario è prima di tutto un sostegno l’economia reale. Non è però sufficiente; occorre accelerare sui protocolli che semplificano le procedure, in particolare per le imprese di dimensioni più piccole. Spesso anche una semplice lettera di credito necessita di tempi lunghi e ottenerla è complicato.
D. In più di un’occasione dal mondo dell’imprenditoria italiana ed europea in Cina è stato sollevato il nodo della parità e dell’equità di accesso ai mercati. Il forum finanziario ha dato garanzie in questo senso? La dirigenza cinese si è impegnata a fare aperture?
R. Anche in questo caso si sta agendo su diversi livelli. Esiste un livello più strutturato di collaborazione tra i regolatori. Da parte delle istituzioni cinesi è stata inoltre espressa la volontà di procedere con ulteriori aperture, con l’impegno già dal 2020 a più investimenti all’estero. (riproduzione riservata)