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Politica

La doppia imposizione sarà il primo test sui rapporti Draghi-Cina

L'intesa per eliminare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito è ferma alla Camera. La Lega vuole sentire in audizione il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. L’accordo tocca da vicino anche il debito italiano. L'accordo potrebbe rendere il debito pubblico italiano più conveniente per gli investitori del Dragone, alimentando il loro interesse per i Btp


16/02/2021 11:54

di Andrea Pira - Class Editori

settimanale
Mario Draghi, primo ministro italiano

Tra un mese e una settimana saranno trascorsi due anni dalla firma dell’accordo tra Italia e Cina per eliminare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito. Si tratta di una delle intese stipulate in occasione della visita a Roma del presidente cinese Xi Jinping e che fece da corollario alla firma dell’accordo per l’adesione italiana alla Belt and Road Initiative. L’accordo fiscale è ancora in attesa di ratifica da parte del Parlamento. Al momento, dopo un primo sì al Senato è fermo in commissione Esteri alla Camera. Sarà questo un dei banchi di prova per la nuova maggioranza a sostegno del governo guidato da Mario Draghi.

Atlantismo ed europeismo sono stati indicati quali cardini della nuova maggioranza. Una presa di distanza dalle posizioni mantenute dai due governi Conte e considerate da alcuni osservatori eccessivamente filo-Pechino. L’intesa è il «primo -e finora unico- accordo bilaterale tra Italia e Cina riconducibile alla cosiddetta «Nuova via della seta» che il Parlamento viene messo nelle condizioni di esaminare», ricordava lo scorso ottobre il deputato leghista Paolo Formentini nel chiedere inoltre di audire il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, sui rapporti diplomatici italo-cinesi. L’accordo tocca da vicino anche il debito italiano.

Come segnalato dai tecnici del servizio Bilancio di Camera e Senato, potrebbe infatti rendere il debito pubblico italiano più conveniente per gli investitori del Dragone, alimentando il loro interesse per i Btp. Tra le novità introdotte c’è un’aliquota ridotta all’8% se il beneficiario effettivo è un’istituzione finanziaria, in relazione a prestiti con durata almeno triennale indirizzati a finanziare progetti d’investimento. Ci sono ovviamente delle esenzioni e riguardano alcune ritenute alla fonte sugli interessi pagati dal governo italiano o altro ente finanziario tricolore (e viceversa), oppure i casi in cui gli interessi siano pagati al governo o a un ente locale, alla Banca centrale, a un ente pubblico, oppure a un ente il cui capitale sia interamente pubblico. Una revisione che potrebbe spingere Pechino sui Btp. (riproduzione riservata)


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