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Politica

La nuova Ice prova a mettere in moto la ripartenza

Come nella crisi del 2008 il Made in Italy deve essere uno dei motori dell’economia. Per raggiungere questo obiettivo l’agenzia ha avviato un processo di innovazione, puntando su territori e digitalizzazione


08/03/2021 11:43

di Andrea Pira - Class Editori

Ice
Carlo Maria Ferro, presidente Ice

Ripartire dall’export. Come già dopo la crisi del 2008, anche nell’emergenza sanitaria la capacità del Made in Italy di farsi valere sui mercati esteri può rappresentare per l’economia italiana più di un salvagente. L’ultimo scorcio del 2020 è quanto meno di auspicio. Nel quarto trimestre la crescita congiunturale è stata del 3,3% e la stessa percentuale si è registrata per l’incremento di dicembre confrontato con l’anno precedente. Per accompagnare questo processo, negli ultimi 12 mesi l’Ice - Agenzia per la promozione all’estero, presieduta da Carlo Maria Ferro, ha avviato 14 nuove iniziative che ne hanno cambiato volto e metodo di lavoro per gli anni a venire.

La pandemia ha accelerato un processo già in corso che pone le basi di un futuro più presente sul territorio e attento alle pmi. Sono stati siglati 28 accordi con marketplace e-commerce che permettono a 7 mila aziende di posizionarsi in altrettanti Paesi e 34 accordi con la grande distribuzione prevalentemente su canali offline-to-online. Si lavora anche sulla tecnologia blockchain, per tracciare l’origine dei prodotti e alla formazione di 150 digital export manager capaci di accompagnare le pmi nella transizione.

Nella svolta digitale rientra anche la piattaforma Fiera Smart 365 per permettere la partecipazione in modo ibrido agli appuntamenti internazionali e in futuro favorire l’impatto sui mercati internazionali. I numeri del quarto trimestre sono uno dei fattori che, secondo Ferro, possono portare un certo ottimismo: «Nel 2020 è pur vero che abbiamo perso il 9,7%, ma ricordo che nei primi cinque mesi dell’anno il calo fu del 16,9%. Siamo inoltre stati in linea con Germania (-9,3%) e Spagna (-10%) e abbiamo tenuto rispetto a Regno Unito, Francia, Stati Uniti e Giappone» Qualsiasi discorso sull’export italiano non può non considerare l’impatto a macchia di leopardo avuto dalla pandemia a seconda dei settori. «In questa fase le aziende devono sia fare i conti con l’emergenza non ancora terminata sia concentrarsi sui nuovi modelli», commenta Carlo Palmieri, presidente del gruppo moda di Assolombarda, guardando ad aree come Asia e Usa, dove già si intravede il rimbalzo auspicato.

Dal mondo delle imprese lombarde arriva quindi una richiesta di attenzione rivolta alle istituzioni. In concreto: una piattaforma comune per l’e-commerce; di accompagnare le pmi con strumenti in linea con la transizione 4.0, di strumenti bancari per l’export. In questo contesto, Palmieri guarda con favore all’evoluzione di quella che definisce «la Nuova Ice», più vicina alle esigenze delle imprese.

Giudizio positivo condiviso da Danny D’Alessandro, direttore generale di Assopellettieri, che sollecita il governo a garantire ristori adeguati, calcolati sulla riduzione di fatturato nel 2020, anche perché, ammette, «finché non riprenderà la mobilità internazionale la pelletteria italiana non potrà tirare un sospiro di ripresa». Ecco perché Fabio Pietrella, presidente di Confartigianato Moda, saluta con favore l’introduzione delle formule ibride di promozione: «Un settore come il nostro, rispetto alla fredda vetrina digitale, ha bisogno che i prodotti vengano toccati. La forma ibrida ci ha permesso di inviare gli abiti e collegarci online con le controparti, per esempio in Corea del Sud o Giappone».

L’Oriente è anche la parte del mondo cui guarda Mario Boselli, presidente della Fondazione Italia-Cina. D’altronde il Paese è stata l’unica grande economia a crescere nel 2020. «Nel mio settore di provenienza, l’alta moda, la Cina è uno dei mercati che tira, in particolare per i grandi brand, che si portano appresso tutta la filiera della subfornitura di cui le piccole e medie imprese italiane rappresentano l’ossatura», aggiunge Boselli nel salutare con favore anche la svolta «imprenditoriale e manageriale» impressa ad Ice. Segnali confortanti sono arrivati nell’ultima parte dell’anno per i vini (+4%). «Possiamo essere fiduciosi e sperare sia in atto una ripresa dei consumi che si spiegherà lungo tutto l’anno», sottolinea Ernesto Abbona, presidente dell’Unione italiana vini.

Restano tuttavia segnali di incertezza: non solo la pandemia, ma il nodo tariffe negli Usa per alcuni vini europei o la Brexit. «Dobbiamo essere attenti a consolidare i mercati storici (Usa, Gran Bretagna, Germania, Canada, Giappone) ma non dimenticare di portare il messaggio di bellezza del nostro prodotto ovunque sia consentito farlo». E al riguardo la Uiv nutre grandi aspettative nella promozione istituzionale della Farnesina e dell’Ice. Fiducia nel 2021 c’è anche nelle parole di Josè Rallo, imprenditrice del vino con Donnafugata: «I primi segnali dell’anno indicano per noi una crescita a doppia cifra. Dopo un 2020 difficile per l’export in Usa, Cina e Gran Bretagna, registriamo una ripresa in Asia.

Vanno inoltre molto bene sia la Germania sia la Svizzera». Da componente del cda Ice, Rallo dà anche indicazioni sul ruolo proattivo che l’agenzia vuole intraprendere: «Ci siamo dati l’obiettivo di un 25-30% di clienti in più» Attese di crescita ci sono anche in Ucimu-Sistemi per produrre, l’associazione dei costruttori di macchine utensili e robot. Stime danno la produzione in crescita a 5,8 miliardi e le consegne domestiche e all’estero in aumento del 12%. «Usa, Germania, Cina, Polonia e Francia sono i nostri primi mercati di sbocco», spiega la presidente Barbara Colombo. «Se è ottimo il supporto che riceviamo per la promozione del made in Italy all’estero, per sostenere la ripresa della nostra attività di export deve ripartire al più presto l’attività fieristica». (riproduzione riservata)


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