C’è ancora poca Cina nell’export italiano. La seconda economia al mondo raccoglie circa il 12% delle importazioni mondiali, ma per quelle italiane rappresenta appena il 3%. Un gap che l’Ice presieduto da Carlo Maria Ferro intende colmare. La Penisola è infatti per la Repubblica Popolare soltanto il quarto partner commerciale europeo e appena il 24esimo a livello mondiale.
«Ci sono quindi ampi margini di miglioramento», si legge nell’ultimo rapporto Ice e nell’Annuario Istat-Ice, presentato ieri a Napoli alla presenza del vicepremier Luigi Di Maio, del sottosegretario allo Sviluppo Economico Michele Geraci, e del presidente dell’Istituto di Statistica Gian Carlo Blangiardo.
«Vediamo grandi spazi di collaborazione nei macchinari, nella moda, nell’agroalimentare e nell’e-commerce e, in collaborazione con la Cina, nei Paesi terzi dell’Africa e del Sudest asiatico», continua il documento. La presentazione è stata anticipata dalle polemiche tra il presidente Ferro e il comitato editoriale sulle posizioni in merito alla Commissione Europea.
La platea degli imprenditori ha comunque apprezzato il documento. Negli ultimi dieci anni l’export italiano è cresciuto complessivamente del 16,9%. Stati Uniti, Francia e Germania sono i principali sbocchi per il Made in Italy, mentre nel 2018 assieme agli Usa tra i Paesi più dinamici figurano Svizzera e Paesi Bassi. Nell’ultimo anno le esportazioni sono cresciute dell’1,9% (le importazioni invece hanno registrato un +2,3%). La tendenza al rialzo si è confermata anche nei primi mesi del 2019 con un +4% stimato. Diminuiscono invece le imprese esportatrici, scese a circa 125 mila, ma di contro cresce il valore medio dell’esportato e la quota di vendite prodotta dalle imprese di medie e grandi dimensioni.
Cresce anche l’e-commerce, benché il peso sul totale del business-to-consumer sia ancora al 7% per un valore di circa 10,3 miliardi. Mentre tra aziende è di 132 miliardi, in aumento del 1,5% sull’anno precedente, trainato dal settore automobilistico. Digitalizzazione, sostenibilità e giovani sono quindi le sfide fissate da Ferro per aumentare le quote di mercato. «Tre paradigmi che si incontrano nelle esigenze del moderno consumatore, soprattutto i cosiddetti millennial e la generazione Zeta; e nelle esigenze delle imprese, in particolare le start up e le pmi, soprattutto del Mezzogiorno, che devono compiere il salto da esportatori occasionali a esportatori sistematici», ha chiarito Ferro. (riproduzione riservata)