La Cina promette ulteriori misure di stimolo, ma ancora una volta omette i dettagli. Pechino ha assicurato che rafforzerà il coordinamento di varie misure per rafforzare l'economia e raggiungere l'obiettivo di crescita del pil 2023 di circa il 5%, secondo quanto hanno riportato ieri i media statali dopo una riunione del governo.
È la risposta ai crescenti problemi economici del Paese, alle prese con una prolungata crisi immobiliare, le pressioni deflazionistiche e una crescita più lenta delle vendite al dettaglio e della produzione industriale. I dati negativi di martedì 15 agosto hanno sollevato un coro di richieste da parte degli osservatori cinesi affinché le autorità lanciassero importanti stimoli fiscali per riportare l'economia su basi più solide.
I dati macro hanno, infatti, mostrato che i prezzi delle nuove abitazioni sono diminuiti a luglio (-0,2% su mese e -0,1% su anno), alimentando le preoccupazioni sul settore immobiliare in difficoltà in Cina, anche perché il più grande promotore immobiliare cinese, Country Garden, fatica a rimborsare le obbligazioni in scadenza. I mercati fiutano un possibile default e l'effetto contagio per i maggiori detentori dei suoi bond.
È il caso di Zhongrong International Trust, che a sua volta ha già mancato i pagamenti di diverse sue obbligazioni proprio a causa dell'elevata esposizione al comparto immobiliare. Al contempo, la produzione industriale cinese è risultata in crescita del 3,7%, meno delle attese (+4,6%). Deludenti anche le vendite al dettaglio (+2,5% contro il 4,5% previsto dagli economisti), e gli investimenti (+3,4% contro +3,8%).
Persino l'inatteso taglio dei tassi da parte della Banca centrale il 15 agosto (ha tagliato il tasso di interesse praticato sui finanziamenti a un anno di 15 punti base, il più ampio dal 2020, portandolo al 2,5%) non è bastato a migliorare il sentiment verso il Paese, con gli economisti convinti che anche la banca centrale debba fare di più per stimolare la crescita. Senza fornire dettagli, il consiglio di gabinetto presieduto dal premier, Li Qiang, ha affermato che la Cina continuerà a introdurre politiche per aumentare i consumi e promuovere gli investimenti.
Tuttavia, nonostante questi annunci politici, senza stimoli diretti come tagli fiscali, le famiglie cinesi hanno continuato ad accumulare risparmi e ridurre le richieste di prestiti, deprimendo la domanda. «La prolungata debolezza nella costruzione di immobili si aggiungerà alle pressioni di riduzione delle scorte nel comparto industriale e deprimerà anche la domanda di consumi», ha previsto Tao Wang, economista di Ubs. «In tal caso, lo slancio economico potrebbe rimanere contenuto nel resto dell'anno e la Cina potrebbe non raggiungere l'obiettivo di crescita del pil del 5% circa nel 2023».
La deflazione, l'indebolimento del commercio, il crollo della domanda di prestiti e un settore immobiliare paralizzato «smorzano la nostra propensione al rischio», ha aggiunto Oxford Economics. Unica magra consolazione, ma non per Pechino, le pressioni deflazionistiche in Cina potrebbero riversarsi sui mercati globali, il che è potenzialmente una buona notizia a breve termine per le banche centrali occidentali mentre cercano di frenare l'inflazione, ha osservato Pimco.
«La persistente deflazione in Cina si ripercuoterebbe probabilmente sui mercati sviluppati, poiché uno yuan più debole e un elevato rapporto tra scorte e vendite riducono il costo delle merci cinesi all'estero: uno sviluppo che i banchieri centrali nei mercati sviluppati probabilmente apprezzerebbero», osserva l'economista di Pimco, Tiffany Wilding. (riproduzione riservata)