Il prossimo 1 luglio a Shanghai, in accordo con una circolare governativa, il traffico aereo e stradale sarà limitato per la celebrazione della nascita, cento anni orsono, del Partito Comunista Cinese. Le date in Cina rivestono una connotazione particolare e specifica come quella del 1 ottobre 2019, settantesimo anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese celebrata dalla grande parata in Piazza Tienanmen.
L’anniversario che si celebrerà tra qualche giorno assume una valenza di collegamento al momento storico che stiamo vivendo. Nel secolo scorso l’anno 1921 aveva visto l’atto fondativo del Partito Comunista in Italia ( il 21 gennaio a Livorno) e l’anno prima del Partito comunista Francese sulla scia delle dottrine sociali poi concretizzatesi nella Rivoluzione d’ottobre nel 1917 in Russia. In Cina, alcuni intellettuali avevano scoperto la Francia e la Russia come riferimenti politico-culturali.
In Cina, nella Concessione Francese di Shanghai, quel 1 luglio un gruppo di dodici persone si era riunito in un vecchio edificio di stile europeo costituendo il Partito Comunista che veniva a breve legittimato dal primo congresso tenutosi sempre a Shanghai il 23 luglio dello stesso anno.
Da quella data l’orologio della storia inizia a calcolare il tempo di una nuova era che, dopo l’esaurimento della forma repubblicana di Sun Yat- Sen, alternata a momenti discutibilmente critici, ha portato oggi questo Paese ad essere una realtà antagonista all’Occidente per diverse ragioni di ordine economico e politico-militare.
A distanza di un secolo, solo il Partito Comunista Cinese e in minima parte quello cubano hanno ancora una vitalità ed una longevità propria: nel resto del mondo si assiste a forme diverse di soggetti politici aggregati ma ormai emarginati sia da condizioni esogene sia da cambi sostanziali di mentalità.
Da osservatori ed operatori in Cina si deve semplicemente valutare che cosa rappresenti questo anniversario rispetto al futuro che ci attende. Quindi la ricorrenza va contestualizzato all’oggi nel considerare quale sarà il futuro cinese fino a giungere al 2049 per i cento anni della Repubblica stessa, come viene ben tracciato nel XIV Piano quinquennale limitatamente ad alcune scelte strategiche.
Con lo sguardo dell'oggi non può essere trascurato quanto e stato fatto da Mao Zedong e soprattutto da Deng Xiaoping che, al momento della fondazione del Pcc a Shanghai era in Francia per ragioni di studio, ed essendosi affiliato comunque al nuovo partito, dopo un anno trascorso in Russia, tornò in Cina occupandone una posizione di rilievo. Sue sono le aperture nel 1979 ma soprattutto sua è l’originale visione economica lanciata a Shenzhen, nel sud della Cina nel 1992.
Oriana Fallaci, giornalista e scrittrice, con i suoi personali punti di vista mordaci, scriveva nel 1986, dopo un’intervista a Deng durata due giorni e raccolta quale testimonianza miliare, che "è uno dei miei pochissimi intervistati che sia riuscito a sedurmi sia intellettualmente che storicamente.(A mio parere un genio della politica e della leadership, una specie di Augusto who settles up the Empire. O di Traiano...? )" (La paura è un peccato, pag. 261).
Conservare una qualche forma di ideologia frammista a una visione politica in un mondo dove le ideologie si sono dissolte a favore di una società liquida, è un punto di vantaggio, forse discutibile per alcuni, ma che segna una strada verso il conseguimento dell’obiettivo dello sviluppo e di un affrancamento sociale, soprattutto per un paese che in trent’anni ha raggiunto risultati impensabili sino all’inizio di questo nuovo secolo.
Al risultato ha contribuito il modello del capitalismo politico permeato dal “ruolo decisivo del mercato nell’allocazione delle risorse ...Il ruolo del governo nel mantenere la stabilità macroeconomica, nel rafforzamento e miglioramento dei servizi pubblici... nel mantenimento dell’ordine del mercato...” (A. Aresu, Le potenze del capitalismo politico pag. 26).
Oggi, a differenza di alcuni anni fa, le tensioni all’interno della bolla della globalizzazione sono aumentate per le ragioni note a tutti: climate change, terre rare, imposizione di dazi aggiuntivi, localizzazioni o delocalizzazioni produttive e, non da ultimo, la diffusione epidemica del Covid 19.
Restano fermi però, almeno per le aziende occidentali, dei punti di ancoraggio che sono correlati al mercato dei consumatori cinesi e alla produzione destinata all’esportazione o al suo mercato domestico. Soprattutto in questo momento di ripresa mondiale, tutti guardano alla Cina come “idrovora dei consumi” ed ancora una volta come luogo ormai consolidato della best practice nella produzione.
Quello che la Cina vuole è la comprensione di un messaggio ormai radicato dal Presidente Xi Jinping sin dal momento della sua entrata in carica nel 2012 di “raccontare bene la storia della Cina e rendere la voce della Cina chiara e comprensibile “.
Tra le poche occasioni in questi cento anni di reciproca comprensione spicca quella del giornalista americano Edgar Snow e sua mogli Helen Foster che trascorsero mesi, nella seconda metà degli anni 30, a seguire La lunga marcia cui ha fatto seguito la pubblicazione del racconto Red star over China ( Stella rossa sulla Cina) così pure le numerose visite e le relazioni instaurate dal segretario di stato americano Henry Kissinger.
Anche molti intellettuali e scrittori italiani negli anni 50 e 60 organizzarono viaggi in Cina con visite nelle città più importanti ed incontri ai massimi livelli. Si può ricordare quello del 1955 di Carlo Cassola, Piero Calamandrei, Norberto Bobbio e Franco Fortini, e anche le esplorazioni così ben descritte da Curzio Malaparte, Goffredo Parise e Tiziano Terzani, reporter e corrispondente, per arrivare ad uno dei documentari più riusciti di Michelangelo Antonioni, girato nel 1972 nelle principali città cinesi: criticato per alcuni versi ma sempre registrazione della vicinanza di cose e persone.
Oggi questo focus culturale ed antropologico non esiste più e tutto è invece concentrato sull’economia e sulla geopolitica. (riproduzione riservata)
*managing director a Shanghai di Savino Del Bene, azienda di trasporti internazionali e logistica. Vive e lavora in Cina da oltre 25 anni