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Politica

Sace: lo stato si prende sulle spalle il 90% dei grandi rischi dell'export

Nel decreto legge sulle garanzie per la liquidità alle imprese, che vede Sace come perno del nuovo sistema, è previsto infatti anche il rinnovo della convenzione tra il ministero dell’Economia e il gruppo assicurativo sui rischi concentrati, scaduta da ormai due anni. Prima la quota era del 50% e poteva arrivare fino all’80% solo con l’ok del Cipe.


09/04/2020 18:09

di Luisa Leone - Class Editori

lucia
Rodolfo Errore, presidente di Sace

Lo Stato riprende in mano il pallino del sostegno all’export. Almeno per quanto riguarda i grandi gruppi attivi sullo scenario mondiale. Nel decreto legge sulle garanzie per la liquidità alle imprese, che vede Sace come perno del nuovo sistema, è previsto infatti anche il rinnovo della convenzione tra il ministero dell’Economia e il gruppo assicurativo sui rischi concentrati, scaduta da ormai due anni. Di per sé già una notizia positiva per le big dell’export italiano, che in questo stallo hanno faticato non poco a ottenere le garanzie per chiudere le commesse aggiudicate all’estero, a partire da Fincantieri, forse il gruppo più esposto nella diatriba tra il Mef e la Cassa Depositi e Prestiti su come intendere il ruolo di Sace nelle operazioni non a mercato.

Alla fine si è deciso che d’ora in poi sarà direttamente il Tesoro ad assumersi quasi interamente questo tipo di esposizioni, mettendosene sulle spalle ben il 90%, con solo il 10% rimanente a carico della società guidata dal presidente Rodolfo Errore. Una vera e propria svolta se si pensa che la vecchia convenzione prevedeva una copertura standard del 50%, incrementabile fino all’80% solo previa autorizzazione da parte del Cipe. Un meccanismo ferraginoso, che si era dimostrato non adeguato ai tempi di concorrenza su scala globale.

Tuttavia il rinnovo del testo che regola i rapporti tra controparte pubblica e assicuratore si è scontrato con diversi ostacoli, a partire dai rapporti tesi tra l’ex ministro dell’Economia, Giovanni Tria, e l’amministratore delegato di Cdp, Fabrizio Palermo.

Ma la questione era anche di sostanza, il Mef non era contrario di principio ad assumersi più rischi ma non voleva accettare di doversi esporre in modo così sbilanciato senza avere voce in capitolo sulle scelte: dove e chi assicurare con la controgaranzia statale del 90%. Ora la situazione, dopo un braccio di ferro interno alla maggioranza, con il Pd che ha provato a riportare Sace sotto le insegne del Mef, e il M5s che invece ne ha difeso la permanenza sotto le insegne del gruppo Cdp, si è risolta con la vittoria di quest’ultima impostazione ma pagando lo scotto di un sostanziale passaggio della gestione al Tesoro.

Innanzitutto per quanto riguarda il tema dell’assicurazione all’export per i grandi gruppi. Le linee guida della nuova convenzione, infatti, prevedono che per operazioni che evidenzino una particolare concentrazione dei rischi su un soggetto, un settore o un Paese, si dovrà passare per un decreto autorizzativo del Mef. A finanziare gli impegni sarà poi un apposito fondo in cui confluiranno i premi «riscossi da Sace per conto del ministero».

La società riceverà una commissione per le sue istruttorie e gestirà il fondo ma sarà sempre seguendo gli indirizzi del Tesoro. La convenzione, decennale, definirà poi nello specifico il modo in cui il gruppo assicurativo dovrà muoversi per le istruttorie e il rilascio delle garanzie e un «eventuale livello minimo di patrimonializzazione.

Ma il decreto va oltre la questione della gestione delle grandi commesse per l’export e ridefinisce i rapporti tra Sace e Cdp, che ne perde l’indirizzo e controllo, affidato direttamente all’Economia, con cui Sace dovrà consultarsi per le attività relative alle nuove garanzie per la liquidità e per quelle di sostegno all’export. Inoltre Cassa dovrà concordare con il Tesoro la gestione dei diritti di voto e in generale la gestione della partecipazione. (riproduzione riservat


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