La Cina cercherà di mantenere il tasso di cambio dello yuan stabile su un livello ragionevole ed equilibrato e il tasso di crescita potenziale dell'economia in un intervallo ragionevole.
Lo ha dichiarato il Governatore della People's Bank of China, Yi Gang. Le parole del numero uno della Banca centrale arrivano mentre la valuta cinese sta affrontando una crescente pressione al ribasso nei confronti del dollaro, con l'economia che rimane sotto pressione a causa di un prolungato crollo del settore immobiliare e di una rigida politica di contrasto al Covid-19.
Yi ha puntualizzato che la PBoC continuerà a lasciare che il mercato svolga un ruolo decisivo nel tasso di cambio dello yuan. Sebbene poi l'economia cinese debba affrontare alcune sfide e pressioni al ribasso, il Pil continua a riprendersi nel complesso, ha aggiunto Yi.
Nel terzo trimestre l'economia cinese è cresciuta del 3,9% a livello annuale, battendo le previsioni degli economisti. Tuttavia lo slancio della crescita si è nuovamente raffreddato a ottobre, con gli indicatori ufficiali dell'attività delle fabbriche e dei servizi che sono precipitati in territorio di contrazione.
La Cina ha intensificato il sostegno all'economia reale con l'adozione di politiche volte a sostenere gli investimenti infrastrutturali e l'innovazione delle attrezzature, mossa che dovrebbe generare effetti "visibili" nel quarto trimestre, ha precisato Yi.
Infine Yi ha dichiarato che la PBoC sostiene attivamente il sano sviluppo del settore immobiliare e che le vendite di immobili e l'offerta di credito sono recentemente migliorate leggermente.
Per Moody's Investors Service i venti contrari dell'economia cinese, se sostenuti, potrebbero avere ripercussioni sull'Asia-Pacifico, deprimendo potenzialmente gli investimenti nella regione. Sebbene un rallentamento prolungato non sia lo scenario di base di Moody's, «sta aumentando il rischio che il rallentamento della crescita cinese possa essere strutturale piuttosto che ciclico», avverte Deborah Tan. Questo causerà «ricadute sul resto della regione e su altre economie».
I Paesi produttori di materie prime come l'Australia, la Mongolia e in parte l'Indonesia sono più vulnerabili. La Cina potrebbe anche tagliare gli investimenti nella Belt and Road Initiative, che interesserà soprattutto i Paesi asiatici a basso reddito, ha concluso l'analista. (riproduzione riservata)