Siamo alla seconda settimana della fase acuta dell’epidemia del Coronavirus e le attese si consumano tra notizie per un certo verso positive con altre che offrono ancora un quadro sintomatologico negativo.
Si sono riscontrate delle guarigioni ma il numero dei decessi ad oggi (426) non si è fermato ed ha superato quelli dei morti per Sars nel 2003. Il numero delle persone contagiate accertate dalle autorità supera i 20.400 casi, ma le guarigioni aumentano e a oggi sono 637.
Per quanto riguarda i collegamenti con l'Italia, dopo le polemiche sulla cancellazione dei voli cargo in collegamento da e per la Cina, è stata ritrattata la decisione e da questa settimana dovrebbero essere ripristinati i servizi.
Ma, essendo stata posticipata la riapertura al giorno 10 febbraio, e oggi si parla di una proroga al 17 febbraio, le aziende di autotrasporto sono chiuse ed è impossibile ritirare la merce in areoporto considerando anche l’inattività degli operatori doganali.
Inoltre stanno entrando in vigore procedure più restrittive relative alla metodologia di controllo di rientro nella città di residenza o di lavoro con dichiarazioni da parte del datore di lavoro sullo status dei dipendenti.
Un altro elemento che potrebbe complicare la vita quotidiana a breve e medio termine è la ricomparsa dell’aviaria, infezione tipica del settore avicolo, già presente qualche anno fa e per ora limitata ad un focolaio nella provincia dello Hunan ma, come nella tempesta perfetta, anche questo fatto contribuisce all’implementazione di decisioni draconiane.
Le nuove disposizioni, almeno per quanto concerne la città di Shanghai riguardano gli animali da compagnia ed è veramente assurda: non è più permesso portare cani e gatti in parchi o aree verdi pubbliche. D’altro canto, la stessa Municipalità di Shanghai ha stabilito una serie di norme per venire incontro alle aziende relativamente a modalità di pagamento di contributi previdenziali e rimborsi. Sarà necessario comprenderne la reale applicazione. Anche la Municipalità di Suzhou si è mossa nella medesima direzione.
Secondo il Prof. Galli, infettivologo dell’Università di Milano, Ospedale Sacco, ha affermato che sono ancora necessari una decina di giorni per comprendere l’andamento del Coronavirus ma dieci giorni per chi vive in Cina oggi rappresentano un’eternità. La coattività senza soluzione, che alimenta un trascinarsi quotidiano proficuo solo di una molteplicità di commenti e punti di vista.
Due sono le direttrici oggetto di discussione: esistenziali ed economiche. Se il livello giornaliero non muta direzione ed i ricoveri ed i decessi non diminuiscono, avremo per lungo tempo un fenomeno di nervosismo incalzante che sta provocando reazioni irrazionali fuori dalla Cina ed in particolare in Italia.
Il paradosso è evidente: fino a qualche mese fa, prima che iniziasse questa epidemia, la Cina era vista ancora come un mercato di sbocco importante per i nostri prodotti tant’è che, dopo la pubblicazione dei dati dell’export con un riscontro non completamente positivo, subito si erano levate le preoccupazioni per le future esportazioni.
Oggi, il dato di mercato è passato in secondo piano e, senza ricordare la caccia all’untore di manzoniana memoria, è aberrante l’atteggiamento che si sta rafforzando in Italia in questi giorni verso la popolazione cinese o verso italiani che sono rientrati dalla Cina.
Eckart Conze, uno storico tedesco, che ha pubblicato di recente un testo sulla Pace di Versailles del 1919 sostiene che “La storia non si ripete ma i parallelismi ci sono eccome, ed è davvero impossibile non vederli”. Quanto è successo proprio in Cina dopo la sottoscrizione del Treaty Port del 1843 a Shanghai, che ammetteva trattamenti ineguali nel commercio, fa pensare a quanto sta accadendo oggi in Italia.
Sui social cinesi, questa reazione senza ragioni scientifiche ma solamente accusatoria non è affatto gradita e potrebbe avere poi ripercussioni sul futuro della comunità di italiani che vivono ed operano in Cina.
L’aspetto economico è poi quello che maggiormente ci riguarda anche perchè il prolungamento di questo fermo avrà ripercussioni sia sul territorio cinese per il drastico ridimensionamento delle importazioni sia per la supply chain verso l’estero in termini di prodotti finiti o di semilavorati destinati alla produzione.
Anche le prenotazioni alberghiere in Italia da parte di agenzie turistiche cinesi sono state cancellate con pesanti danni economici : l’Anno del turismo edella cultura ha trovato il primo inciampo.
I pareri di autorevoli economisti o di banche d’affari oscillano tra un pessimismo diffuso ed un ottimismo azzardato, ma un dato è certo: quando nel 2003 la Cina rappresentava solo il 4% del GDP mondiale la frenata di sei mesi non aveva di fatto eroso il trend dell’economia mondiale. Oggi la stessa Cina che ne rappresenta il 16% potrebbe avere ripercussioni sostanzialmente negative.
* managing director a Shanghai di Savino Del Bene, azienda di trasporti internazionali e logistica. Vive e lavora in Cina da oltre 25 anni