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Kazakistan, Eni punta ancora al giacimento di Kalamkas

Si tratta del giacimento dal quale gli altri soci del consorzio Ncoc (ExxonMobil, Cnpc, Total, Shell, Inpex e il campione nazionale KazMunayGaz), che affiancano il Cane a sei zampe nella gestione del giacimento super giant di Kashagan. Il dietro-front è arrivato ad appena due mesi dalla presentazione del piano definitivo che fissava l’avvio della produzione


19/11/2019 16:48

di Angela Zoppo - Class Editori

Eni

Eni starebbe pensando di riprendersi un pezzo di Kazakistan. Si tratta del giacimento di Kalamkas, dal quale gli altri soci del consorzio Ncoc (ExxonMobil, Cnpc, Total, Shell, Inpex e il campione nazionale KazMunayGaz), che affiancano il Cane a sei zampe nella gestione del giacimento super giant di Kashagan, hanno deciso di sfilarsi, restituendo la licenza per lo sfruttamento al ministero dell’Energia.

La decisione è maturata quasi in contemporanea con quella di Shell, che ha annunciato il ritiro dal progetto per lo sviluppo di Khazar, che fa parte del blocco offshore di Pearls. I due giacimenti erano destinati a un piano di sviluppo congiunto, che aveva già il benestare del governo di Nur-Sultan, come si chiama oggi la capitale Astana. Il dietro-front è arrivato ad appena due mesi dalla presentazione del piano definitivo, atteso per fine anno, che fissava l’avvio della produzione previsto per gradi tra fine 2020 e il 2025.

Il progetto originario (si veda anche MF-Milano Finanza del 23 ottobre scorso) prevedeva di sfruttare la posizione vicina a Kashagan per sviluppare Aktoty, Kairan e Kalamkas-Sea da parte del consorzio Ncoc (North caspian operating company), e unire poi le forze con l’altro consorzio titolare di Khazar, Cmoc (Caspian Meruerty operating company), che ha in comune con Ncoc gli azionisti Shell e Kmg.

Proprio quest’ultimo giacimento avrebbe dovuto unirsi con quello di Kalamkas per ridurre i costi di sviluppo, con investimenti stimati in circa 5 miliardi di dollari. Ma Shell, nonostante avesse già impegnato nel progetto circa 900 milioni di dollari, ha preferito tirarsi indietro. Le motivazioni sono condivise: la bassa redditività di questi progetti in un contesto che richiede alti investimenti.

«Il progetto di Khazar non è competitivo rispetto ad altre opportunità nel nostro portafoglio», è la spiegazione di Shell. L’analisi, però, non sarebbe condivisa da Eni e nemmeno dal governo del Kazakhstan. Il gruppo guidato dall’ad Claudio Descalzi è quello che nel consorzio ha la maggiore conoscenza di Kalamkas. Il giacimento, infatti, è una scoperta di Eni, che lo ha individuato nel 2002, durante la campagna esplorativa condotta intorno a Kashagan, attraverso la controllata Agip Kpo.

Per questo, secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, il Cane a sei zampe avrebbe avviato una riflessione su come procedere per non farsi scappare il giacimento. Intanto, i documenti con la rinuncia ufficiale sarebbero già stati inviati al ministero dell’Energia del Kazakhstan, che deve decidere se le licenze, una volta riconsegnate, verranno messe a gara tra nuovi potenziali investitori. Tra le ipotesi c’è quella che il gruppo italiano, previo accordo con gli altri soci del consorzio, mantenga i suoi diritti su Kalamkas. In seconda battuta, Eni aprirebbe alla partecipazione del gruppo nazionale kazako, KazMunaiGas. Intanto arrivano buone notizie da Kashagan. Stando ai dati ufficiali di settembre, il giacimento ha toccato un record di produzione a 400 mila barili al giorno. Nei giorni scorsi il vice ministro dell’Energia, Murat Zhurebekov, ha detto che nei piani del consorzio Ncoc c’è anche la costruzione di un nuovo impianto di trattamento vicino al giacimento, con investimenti per circa un miliardo di dollari.

Intanto, ieri la controllata Eni Gas e Luce ha raggiunto un accordo per rilevare da L&B Capital il 70% di Evolvere, società attiva nella generazione distribuita di energia rinnovabile che gestisce circa 11mila impianti fotovoltaici in Italia per una potenza di 58 MW. Evolvere ha chiuso il 2018 con un fatturato di circa 33 milioni di euro, un ebitda di 11,9 milioni e un utile di 400mila euro. Il contratto prevede anche la possibilità per Eni di salire al 100% della società, rilevando il residuo 30% del capitale. (riproduzione riservata)


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