L'amministratore delegato del London Stock Exchange (che controlla anche Piazza Affari), David Schwimmer, ritiene che il listino di Hong Kong forse non avrà in futuro "una posizione competitiva" perché il vero centro finanziario della Cina sta a Shanghai. Un commento pubblico fatto oggi durante la conferenza Sibos a Londra, che riunisce 8mila manager di tutto al mondo, alla quale era presente anche il ceo di Hong Kong Exchanges & Clearing, Charles Li, che l'11 settembre scorso ha avanzato un'offerta da 29,6 miliardi di sterline (33,180 miliardi di euro con un premio del 22,9% sulla chiusura del giorno prima) per acquisire il London Stock Exchange. Proposta rifiutata nel giro di pochi giorni.
Ma Li, in sala, ha ribattuto che "è ora di creare una borsa globale", dando modo al sistema bancario cinese, che vale 27mila miliardi di dollari, di potersi "allargare". I due amministratori delegati si sono scontrati anche sul modo in cui Pechino intende allentare le maglie sul controllo dei capitali, con Schwimmer che lo ha definito "inevitabile", mentre Li ha precisato che ci vorranno 20 anni o anche più.
Oggi il South China Morning Post scrive che Li, soprannominato Mr China, ha trascorso 16 anni nell'investment banking prima di approdare al terzo listino asiatico per importanza. Secondo Ron Arculli, ex presidente della Borsa di Hong Kong, Li sa come muoversi "in ambito regolamentare e finanziario" e non si può escludere l'arrivo di un'opa ostile sull'Lse (e quindi su Piazza Affari e l'Mts) in un momento di particolare caos a Londra dovuto alle incertezze della Brexit. Tanto più che oggi i giudici inglesi hanno bocciato Boris Johnson dopo la richiesta alla regina di sospendere i lavori del Parlamento per un mese, quello decisivo, in cui si deve decidere come lasciare l'Ue.
Secondo Bloomberg Intelligence, il network di analisti del gruppo d'informazione americano, se Hong Kong capisse che non è in grado di portare dalla propria parte gli azionisti di Lse, quotata a Londra, potrebbe diventare ostile. Una delle cause sono i disordini che hanno colpito il centro finanziario del Sudest asiatico, che minacciano di pesare sulle stime di crescita del gruppo, come è emerso dal rinvio della quotazione di Alibaba proprio a Hong Kong. Inoltre l'offerta su Londra è allineata alla strategia dei cinesi di collegare la propria rete finanziaria con il mercato internazionale dei capitali.
Il documento ufficiale dei cinesi presentato a londra l'11 settembre scorso spiega che la combinazione fra i due listini rafforzerebbe il valore di entrambi i gruppi posizionandoli meglio in vista del lancio di progetti innovativi per mercati e aree geografiche e offrirebbe agli operatori e agli investitori una rete di connettività senza precedenti sul mercato globale.
Se la fusione andasse in porto, si tratterebbe della seconda acquisizione all'estero della borsa cinese dopo aver rilevato il London Metal Exchange nel 2012 per entrare nel settore delle materie prime. Attraverso la formula dello Stock Connect, Hong Kong è collegata ai maggiori listini della Cina continentale, Shanghai e Shenzhen, permettendo in questo modo agli investitori interni ed esteri di scambiare titoli su 3 mercati.
Una delle condizioni che ha posto Hong Kong all'operazione al gruppo con sede a Londra è la cancellazione dell'accordo di Lse per acquisire Refinitiv, un'operazione annunciata in estate che vede Londra impegnata in un'operazione da 27 miliardi di dollari per rilevare il gruppo specializzato nell'elaborazione di dati in campo finanziario da Blackstone e Thomson Reuters. Il gruppo Lse, rifiutando la proposta, ha aggiunto che intende restare impegnato nel progetto su Refinitiv Holding.
Secondo i dati del World Federation of Exchanges aggiornati a dicembre 2018, il primo listino mondiale resta senza dubbio il Nyse con 20.680 miliardi di dollari di capitalizzazione, cui aggiungere il Nasdaq che vale 9.760 miliardi. Hong Kong capitalizza 3.820 miliardi contro i 3.640 miliardi dell'Lse. Assieme fanno 7.460 miliardi di market cap, la seconda al mondo. Se si aggiungono anche Shanghai (3.920 miliardi) e Shenzhen (2.410 miliardi) emerge una potenziale realtà da 13.790 miliardi di dollari. (riproduzione riservata)