MENU
Azienda Finanza

La Cina apre le porte a Jp Morgan, farà il broker azionario

La banca assumerà il controllo della joint venture con un partner locale. Battute le rivali di Wall Street, Goldman Sachs e Citigroup, ancora in attesa di avere l’autorizzazione. Dalla nuova sede nel cuore di Shanghai opererà anche nella consulenza sugli investimenti, la sottoscrizione e l’attività di sponsor sulle nuove emissioni. In corsa per la licenza anche Citi


19/12/2019 16:34

di Francesco Bertolino - Class Editori

jD
Jamie Dimon, ceo di JP Morgan

Si moltiplicano i segnali di apertura del mercato finanziario cinese a banche e assicurazioni estere, che potranno operare con partecipate controllate in maggioranza. L'ultima in ordine di tempo a cui il Dragone ha aperto le porte è colosso americano JP Morgan, una delle banche d'affari più importanti al mondo.

Nelle ultime settimane era stata la volta della tedesca Allianz e e della banca italiana Intesa Sanpaolo. JpMorgan, battendo la concorrenza delle rivali di Wall Street, Goldman Sachs, Citi e Bank of America ML, ha ottenuto da Pechino la licenza per operare sui titoli del mercato finanziario cinese.

L’istituto guidato da Jamie Dimon aprirà una nuova unità a Shanghai che offrirà il brokeraggio sui titoli azionari, la consulenza sugli investimenti, la sottoscrizione e l’attività di sponsor sulle nuove emissioni. La divisione avrà sede nell’iconica Torre di Shangai nel cuore della City cinese. La Cina «è un mercato fondamentale per molti nostri clienti locali e internazionali», ha sottolineato Dimon, «continueremo a investire in Cina e a sostenere le nostre attività nel Paese».

La licenza ottenuta ieri conclude un percorso incominciato nel maggio 2018 con la richiesta di autorizzazione alle autorità di Pechino. Ora JpMorgan potrà assumere la maggioranza e quindi il controllo della joint-venture con un partner cinese che al momento non è ancora stato rivelato.

Finora gli istituti internazionali sono stati autorizzati a operare in territorio cinese solo come azionisti di minoranza di joint-venture con entità locali. Da tempo, però, il governo di Pechino ha promesso di eliminare gradualmente le restrizioni. Un proposito confermato nonostante le crescenti tensioni commerciali con gli Stati Uniti.

Lo scorso luglio la Banca centrale cinese ha annunciato che i limiti all’accesso sarebbero stati aboliti a partire dal 2020 e la licenza concessa a JpMorgan sembra andare in questa direzione. Altre banche americane potrebbero seguire, fra cui Goldman Sachs, la prima nel 2004 a sbarcare in Cina come partner minoritario di una joint venture, che ad agosto ha fatto domanda per rilevarne la maggioranza.

A ottobre anche Citigroup ha deciso di mettere fine alla sua partnership con Orient Securities (di cui deteneva il 33%) per formarne una nuova entro la fine del 2020, stavolta come azionista di maggioranza. Le banche americane potrebbero insomma presto lanciarsi alla conquista anche del mercato finanziario cinese, che vale 40mila miliardi di dollari.

Forse anche a causa della guerra commerciale, però, i colossi Usa partono con un po’ di ritardo rispetto alle concorrenti giapponesi ed europee. La sino-britannica Hsbc, per esempio, è stata autorizzata ad assumere il controllo della joint-venture in Cina già nel 2017, mentre a fine 2018 è toccato alla svizzera Ubs, che ha conquistato il 51% dell’unità di investment banking basata a Pechino. Da ultimo, a novembre, la giapponese Nomura ha conseguito la licenza per la compravendita di titoli. (riproduzione riservata)


Chiudi finestra
Accedi