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Pechino accelera sulla valuta digitale e supera Usa ed Europa

La PboC ha depositato 84 brevetti relativi ai piani per il lancio di un sistema di pagamenti elettronici in valuta elettronica. L’ampio numero di brevetti segue lo studio della Camera di commercio digitale degli Stati Uniti sullo stesso argomento, ma sembra che la Cina stia guidando l'innovazione anche in questo delicato settore


14/02/2020 10:28

di Elena Dal Maso - Class Editori

Brevetti cinesi

La banca centrale cinese sta compiendo importanti passi avanti nella creazione di una valuta digitale. La PboC ha depositato 84 brevetti relativi ai piani per il lancio di un sistema di pagamenti elettronici in valuta elettronica. L’ampio numero di brevetti segue lo studio della Camera di commercio digitale degli Stati Uniti sullo stesso argomento.

La notizia che la Cina, nel pieno del coronavirus, sia stia comunque muovendo in velocità su questo fronte, arriva oggi dal Financial Times, che è andato a controllare la tipologia specifica di tutti i depositi fatti. Ne è emerso che questi brevetti si concentrano sulla progettazione di protocolli che controlleranno l’emissione e la distribuzione di yuan digitali, nonché l’integrazione del sistema digitale con il sistema bancario commerciale in Cina.

Alcun brevetti sono relativi a meccanismi che consentono ai clienti di effettuare depositi con le loro banche fisiche e scambiarli in valuta elettronica.
Il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, tornato nei mesi scorsi sul tema, ha criticato le risorse investite nelle valute digitali, mentre il segretario al Tesoro Steven Mnuchin lo ha definito invece una «questione di sicurezza nazionale».

Tim Morrison, ex consigliere del presidente Trump sulla Russia e in Europa, attualmente membro dell’Hudson Institute, ha detto che Mnuchin ha parlato in maniera «abbastanza corretta».

Si aggiunga poi che «l’innovazione digitale deve restare saldamente in mano agli Stati Uniti. La rivoluzione emergente della valuta elettronica è una questione di sicurezza nazionale». Ma il problema, ha proseguito Morrison, è che ora a guidare l’innovazione potrebbe essere il principale concorrente della sicurezza nazionale degli Stati Uniti: la Cina».

L’idea fra gli esperti del settore e nel campo delle banche centrali è che, una volta partita Pechino, anche Ue e Stati Uniti dovranno adeguarsi in tempi celeri. Altri brevetti depositati, fra l’altro, si concentrano sulla costruzione di carte di credito o wallet, portafogli, in valuta digitale che gli utenti possono mettere a confronti con le offerte dei loro conti bancari fisici.

Un report di BofA dei giorni scorsi analizza gli effetti della valuta digitale nel mondo occidentale su due fronti: le banche centrali e le banche commerciali da un lato, i listini azionari dall’altro.

Gli analisti americani ricordano che il documento della Banca centrale europea dello scorso gennaio, quindi di poco tempo fa, dedicato proprio alla valuta digitale, giunge alla conclusione che soprattutto «nei paesi progressisti, in Nord Europa, in cui l’uso delle banconote sta calando rapidamente e in cui i pagamenti elettronici sono diventati normali, l’idea di una valuta digitale appare relativamente plausibile”.

BofA ritiene che una simile innovazione sia una buona idea nei confronti delle borse perché rende più fluidi e veloci gli scambi, generando un ambiente idoneo a nuove quotazioni. Potrebbe quindi rendere i mercati dei capitali più efficienti. Anche sul fronte dello scambio dei derivati, un settore nel quale gioca un ruolo centrale in Europa il London Stock Exchange, che controlla Borsa Italiana.

Permettere però ai clienti retail di accedere direttamente alle banche centrali potrebbe ridurre la possibilità di funding diretto delle banche commerciali, tagliando un legame importante fra istituti e clienti e mettendo così in difficoltà gli stessi istituti, già colpiti dagli effetti dei tassi negativi, che in Cina però non esistono, né negli Stati Uniti. (riproduzione riservata)


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