Secondo giorno di rialzi sulle borse cinesi, dove il sentiment degli investitori continua a essere supportato dalle promesse del governo di Pechino per politiche favorevoli al mercato, inclusa una regolamentazione più morbida del settore tecnologico.
L'indice Composite a Shanghai ha chiuso in rialzo dell'1,4% a 3.215,04 punti, mentre a Shenzhen il listino ha archiviato la seduta con un balzo del 2,2% a 2.133,01 punti. Il ChiNext, infine, ha chiuso con un incremento del 2,9% a 2.710,73 punti. Bene anche l'indice Hang Seng della Borsa di Hong Kong, che ha esteso i guadagni di ieri chiudendo la seduta di oggi in rialzo del 7%.
In luce i titoli delle società immobiliari, di elettrodomestici e di decorazione d'interni. La compagnia di sviluppo immobiliare Country Garden Services, per esempio, è rimbalzata del 30%, seguita da Country Garden Holdings, dall'azienda farmaceutica Wuxi Biologics e dalla piattaforma per l'e-commerce JD.com, che sono avanzate rispettivamente del 28%, del 20% e del 16%.
In ripresa anche il titolo del colosso dell'e-commerce Alibaba, che ha chiuso la seduta in rialzo del 12,46% dopo il +27% di ieri, con la sua controllata Alibaba Health Information Technology che è salita del 12,35%, mentre il titolo della società di consegne Meituan ha segnato +12,29%. Tencent, colosso dei videogiochi e dei social media, ha chiuso in rialzo del 6,27% a Hong Kong, dopo il 23% di ieri. Perfino Evergrande, sempre in crisi di liquidità, ha segnato un +11,21%.
L'indice HSI, nel complesso, ha guadagnato il 4,2% rispetto a una settimana fa, sebbene le sue perdite da inizio anno siano ancora dell'8,1%.
"Il governo cinese sta tracciando una linea nella sabbia sulla rotta azionaria cinese nel medio-lungo termine", affermano gli analisti di Oanda. "Ci aspettano alcuni giorni di esuberanza (per paura di perdere occasioni) degli investitori".
Ieri il braccio destro del presidente Xi Jinping, il vicepremier Liu He, ha annunciato quello che è stato letto dai mercati come il whatever it takes cinese. L'indice Hang Seng China Enterprises è salito ieri del 13%, il maggiore balzo dalla crisi finanziaria globale che ha sostenuto i due settori più venduti in precedenza, l'immobiliare e quello tecnologico.
L'intervento di Pechino, assieme a un embrionale tentativo d'accordo fra Ucraina e Russia per la pace, che vedrebbe Kiev adottare il modello di neutralità della Svezia o dell'Austria, ha risvegliato i mercati di tutto il mondo. La corsa agli acquisti è partita proprio dopo l'intervento di Liu He, il responsabile della politica economica generale, nonché l'uomo delle contrattazioni lunghe e snervanti con Donald Trump quando era presidente Usa, sulla guerra dei dazi pre-Covid.
Il politico ha promesso che il governo «rilancerà l'economia nel primo trimestre, stabilizzerà il mercato azionario e sosterrà la quotazione dei titoli all'estero», ha scritto Xinhua, l'agenzia di Stato. Questo fatto getta un filo di luce sulle società cinesi quotate a Wall Street (le Adr), che nei giorni scorsi avevano mandato in rosso il Nasdaq dal momento che gli Usa hanno minacciato la Cina di delistarle se quest'ultima vende armi ai russi.
Il vicepremier Liu He ha toccato anche un tema molto sensibile, che riguarda la stretta del governo sul settore tech, spiegando che il partito comunista «cercherà di risolvere i problemi che hanno afflitto il mercato, in particolare le preoccupazioni per la repressione tecnologica di Pechino». Il governo si è espresso anche sulle nuove politiche per gestire i rischi dei gruppi immobiliari, indicando poi, scrive Bloomberg, che le autorità di regolamentazione di Cina e Stati Uniti hanno segnato dei progressi sul tema delle azioni cinesi quotate nei mercati statunitensi.
La Banca centrale cinese e l'Autorità di regolamentazione sulle banche e assicurazioni hanno seguito l'esempio del vicepremier a stretto giro impegnandosi a garantire stabilità al mercato dei capitali, con una politica monetaria «proattiva nel primo trimestre quando i nuovi prestiti cresceranno in modo appropriato». Una mossa coordinata che sottolinea la determinazione delle autorità a tenere la barra diritta sul sostegno all'economia.
Se all'inizio di questa settimana i gestori erano negativi sugli investimenti in Cina, a causa delle forti incertezze sul futuro del Paese, nonostante i dati macro nei primi due mesi dell'anno abbiano segnato crescita oltre le previsioni, l'intervento di ieri mattina sta già facendo cambiare il tono dei commenti.
«Le vendite secche che abbiamo visto erano da crisi finanziaria e i dati macro sull'immobiliare guardano in quella direzione. Ma anche se questo intervento non segnerà la fine dei problemi, possiamo almeno aspettarci più stabilità dai mercati nelle prossime settimane», ha scritto Li Weiqing, gestore di JH Investment Management.
Nonostante il rimbalzo, alcuni osservatori sostengono che è ancora troppo presto per dichiarare finita la crisi, mantenendo una posizione di attesa se le promesse della politica si concretizzano poi in misure reali. Ubs ha tagliato intanto il Pil 2022 atteso del Paese dal 5,4% al 5%, mentre Jp Morgan all'inizio di questa settimana ha definito diversi gruppi tech cinesi «non investibili» a breve termine. (riproduzione riservata)