Dopo le restrizioni per le ipo nei mercati esteri la nuova scure sul tech cinese si abbatte su uno dei settori più in crescita del mercato: quello dei videogiochi. Industria che i media statali, d'accordo con le intenzioni governative, considerano una vera e propria malattia sociale, responsabile dell'allontanamento dei ragazzi dai loro doveri scolastici e familiari.
È proprio l'intenzione di preservare la salute fisica e mentale dei giovanissimi che ieri ha portato l'Amministrazione nazionale della stampa e delle pubblicazioni ad annunciare, a mercati chiusi, che ai minori di 18 anni sarà proibito l'uso dei videogiochi nei giorni scolastici, dal lunedì al giovedì, mentre dal venerdì alla domenica sarà permesso soltanto nella fascia oraria tra le 8 e le 9 di sera.
Un duro colpo per un mercato che, secondo la società di ricerca del settore Niko Partners, nel 2021 genererà ricavi superiori ai 46 miliardi di dollari, con oltre 743 milioni di utenti attivi. Valore che nel 2025 dovrebbe spingere il fatturato a 55 miliardi e far lievitare a 781 milioni il numero dei videogiocatori.
Il governo non ha ancora definito l'effettiva applicazione della normativa, ma una cartina tornasole può essere rintracciata nel comportamento della più grande azienda di gaming per ricavi al mondo, Tencent (casa madre della diffusissima app di messaggistica istantanea WeChat).
Già lo scorso mese la società, quotata a Hong Kong, aveva lanciato la politica Zero Cruise: i giovanissimi devono sottoporsi al riconoscimento facciale per accedere ai giochi della piattaforma e, se il volto risulta quello di un soggetto sotto i 18 anni, l'app non attiva l'accesso.
In quell'occasione le azioni del titolo sono sprofondate, perdendo oltre il 6% in una sola seduta. Stavolta invece l'azienda sembra essere arrivata ben preparata alla nuova stretta: non appena sono arrivate le nuove indicazioni, una nota del gruppo ha comunicato «l'introduzione di nuove funzioni per proteggere al meglio i minori». L'azienda ha inoltre precisato che i minori di 16 anni rappresentano una quota irrisoria, il 2,6%, del totale dei ricavi da gaming online del gruppo.
Secondo gli analisti di Jefferies, le disposizioni di Pechino porteranno a una riduzione dell'utile di Tencent Holdings del 3%, presupponendo che il gaming contribuisca per il 60% ai guadagni totali.
"Il mercato è preoccupato per l'outlook del settore dello spettacolo qualora queste norme di tutela dei minori venissero estese ad altre aree". Per NetEase e Bilibili, gli analisti si aspettano invece un impatto minimo sul fatturato, poichè i minori rappresentano una piccola parte delle entrate di gioco di NetEase e circa l'1% di Bilibili.
Ciononostante la tegola normativa ha colpito duramente molte altre società di gaming del Dragone, specialmente quelle quotate a Wall Street. NetEase al Nasdaq ha perso più del 4,5%, Blue Hat Interactive ha lasciato sul terreno oltre il 5%, Huya oltre il 6,5% Kingsoft il 4,4%.
Non è andata meglio neppure ad altri colossi globali dell'industria dei videogiochi: Roblox, ad esempio, ha subito un calo superiore al 4,5%. Quella di ieri è peraltro solo l'ultima di una serie di mosse attuate dal governo di Pechino per indebolire l'industria nazionale del gaming. Già nel 2018 era stato posto un freno al rilascio delle licenze per circa nove mesi: in quell'occasione, Tencent aveva perso da sola circa un miliardo di dollari di ricavi.
Nel 2019 era stata imposta la prima stretta all'uso da parte dei giovani, proibendo ai minori di 18 anni l'accesso alle piattaforme nelle ore notturne a limitandolo a 90 minuti nei fine settimana. Inoltre, era stato loro impedito di spendere più di 60 dollari mensili per i videogiochi. (riproduzione riservata)