Crescono le nuove dinastie del lusso globale, in Cina, accanto alle più note teste di ponte, Fosun e Shandong Ruyi. «Le operazioni di M&A nel fashion degli ultimi anni hanno avuto come protagonisti alcuni gruppi consolidati in Cina, ma poco noti nell’Occidente, attraverso acquisti di partecipazioni societarie di aziende del lusso», ha confermato a MFF (Class Editori) Emanuela Pettenò, partner PwC Italia.
Nel Fujian, sulla costa sud orientale, sta crescendo Fujian Septwolves, che nel 2017 ha acquisito l’80,1% in Karl Lagerfeld Greater China holdings, che detiene i diritti di distribuzione del marchio Karl Lagerfeld nella Cina continentale, Hong Kong e Taiwan, per 41 milioni di euro.
A Shanghai il gruppo Icicle fashion industry ha acquisito Carven, label di alta moda con sede in Francia, mentre il distributore cinese Zehejiang Semir Garment ha rilevato la totalità del capitale del gigante francese del kidswear Kidiliz.
A spingere gli investimenti, ha spiegato l’analista, la forte attrazione che i brand e i prodotti europei esercitano per i consumatori locali.
Fosun, che nel 2018 ha rilevato la maggioranza della maison francese Lanvin e dell’austriaca Wolford, dopo che la sua divisione fashion si era già rafforzata con le operazioni sull’italiana Caruso e sul retailer tedesco Tom Taylor, per le sue etichette moda ha creato addirittura una divisione ad hoc chiamata Fosun fashion group guidata da Joann Cheng. In più occasioni la manager ha dichiarato di voler fare della società un vero polo del lusso cinese.
Il gigante ha in portfolio anche l’americana St. John Knits e da poco ha creato una joint venture con Damiani in Cina. Inoltre, Fosun era stato designato come uno dei probabili acquirenti sia di Twinset che della griffe di lingerie La Perla.
Lo stesso discorso vale per Shandong Ruyi, chiamato «Lvmh cinese» per le sue mire espansionistiche nel fashion & luxury. Shandong Ruy ha acquisito Smcp nel 2016, Aquascutum nei primi mesi del 2017 e in seguito il ramo tessile e abbigliamento dell’azienda americana Invista, a capo dei marchi Lycra e Coolmax. Nel 2018 la società aveva poi annunciato l’accordo da 600 milioni di dollari per la quota di controllo nella svizzera Bally, non andato però a buon fine. Gli ultimi dati di fatturato mostrano come a trainare gli utili dell’azienda specializzata nel tessile sia stata proprio la moda.
«Nel lungo termine è molto probabile che le società cinesi possano giocare un ruolo fondamentale nel mondo M&A», ha specificato Filippo Diodovich, senior strategist di IG Italia. Quest'anno, ha spiegato Diodovich, le acquisizioni da parte della Cina torneranno a salire soprattutto in Europa rispetto ai numeri deludenti dello scorso anno ma non riusciranno a replicare comunque i record del 2016/2017 sia in termini di quantità sia in termini di valore degli accordi.
Gli analisti sentiti da MFF concordano sul fatto che la pandemia e le scelte del governo di sostenere le acquisizioni domestiche hanno imposto un momentaneo freno alla ricerca di brand di moda europei da rilevare. «Penso che i gruppi cinesi siano attualmente concentrati sull’integrazione delle acquisizioni che hanno realizzato piuttosto che necessariamente su nuove operazioni», ha evidenziato Swetha Ramachandran, investment manager e responsabile del fondo Gam luxury brands equity di Gam investments.
Concorda Pettenò: «Dopo il Covid, i gruppi cinesi preferiscono investire in attività societarie locali, collegate direttamente al mercato domestico, piuttosto che rilevare le attività su scala globale dei marchi del lusso. La nostra previsione per il futuro è che i player cinesi dedicheranno maggiori energie al portafoglio di asset già acquisiti».
Il sentiment è che lo shopping in Europa riprenderà ma con una maggiore cautela negli investimenti. «Il conseguimento di buoni ritorni finanziari richiede la verifica che le prospettive di crescita supportino le valutazioni dei marchi del lusso, generalmente negoziati a multipli di prezzo più elevati rispetto ad altre attività», ha evidenziato Pettenò.
Insieme a deal di successo, ci sono anche i casi di Gangtai group, che nell’agosto 2017 aveva comprato Buccellati sulla base di un multiplo di valutazione pari a 6,6 volte il fatturato del 2015 malgrado perdite operative, e fine 2019 ha dovuto rivendere a Richemont, perdendoci, l’azienda, e dell’accordo sfumato tra Bally e Shandong Ruyi dopo due anni dall’annuncio. (riproduzione riservata)