La Flamma di Bergamo, produttore di principi attivi per l'industria farmaceutica, sta attraversando un periodo di grande espansione che vuole mantenere nel prossimo futuro con investimenti per 150 milioni di euro per potenziare la capacità produttiva nei tre siti chiave del gruppo, in Italia, Usa e Cina.
Nel mercato del Dragone, l'azienda, che attuamente ha un fatturato di 120 milioni di euro con una capacità manifatturiera che si avvicina a 1.500 metri cubi di prodotto, aveva delocalizzato vent'anni fa a Dalian, una metropoli di oltre 6,5 milioni di abitanti nella provincia del Liaoning.
Dall'inizio di quest'anno ha annunciato che sta lavorando per mettere in produzione un ulteriore impianto nel Songmudao Chemical Park anch'esso nella provincia del Liaoning, nella Cina orientale a nord di Pechino.
La strategia del ceo del gruppo Gianpaolo Negrisoli è di arrivare a raddoppiare la capacità produttiva in Cina, che attualmente arriva a 600 metri cubi di prodotto, per soddisfare la domanda interna del mercato che ritiene in forte crescita.
In Cina, la Flamma intende anche aiutare i gruppi locali del settore a crescere per servire meglio il mercato locale, stabilendo anche delle partnership che potrebbero avere un risvolto in lavori affidati agli stabilimenti italiani.
Lo scorso aprile Flamma ha portato a termine il closing per l'acquisizione da Teva, il colosso farmaceutico israeliano, del sito produttivo della Sicor Bulciago, in provincia di Lecco, che una volta integrato all'attività porterà la capacità produttiva in Italia a 900 metri cubi.
Nella storia recente del gruppo italiano ci sono prodotti come il principio attivo del Polase o il generico dell'Aulin. E clienti del calibro di Gilead, che ha lanciato sul mercato medicinali capaci di debellare l'epatite C.
Per il Covid, invece, Flamma ha lavorato allo sviluppo del Remdesivir. (riproduzione riservata)