L'Italia ha conseguito un primato storico nelle sue relazioni commerciali con la Cina per quanto riguarda il settore della moda. Per la prima volta il Made in Italy si è aggiudicato il primo posto nella classifica dei principali esportatori di moda nell’ex Celeste Impero, secondo i dati divulgati da Ice Pechino, relativi ai primi sei mesi di quest’anno.
In questo periodo, la Cina ha aumentato del 46% le importazioni di articoli del comparto tessile-moda dal mondo, con un netto sorpasso del Made in Italy sui prodotti francesi, mentre l'import dall'Italia è quasi raddoppiato (+96%) rispetto allo stesso periodo del 2020, toccando 6 miliardi di dollari e arrivando a coprire una quota di mercato del 12%.
La Francia è scivolata in seconda posizione, con un aumento del suo export in Cina del 58% a 5,6 miliardi di dollari e una quota di mercato pari all’11%. Chiude il podio il vicino Giappone a +22% con 5,1 miliardi di dollari. A completare la top five dei partner commerciali di prodotti fashion della Cina compaiono infine il Vietnam, in crescita del 29% a 5 miliardi di dollari (4,23 miliardi di euro), e la Corea del Sud con un +18% a 3,6 miliardi (3,04 miliardi di euro).
Questo exploit della moda tricolore risulta ancora più significativo se confrontato con i dati del 2019. Nella prima metà del 2019 la principale fonte di approvvigionamento per la Cina sul fronte fashion era il Vietnam con 4,1 miliardi di dollari (3,47 miliardi di euro), seguito dal Giappone con 3,7 miliardi (3,13 miliardi di euro), mentre l’Italia era solo al terzo posto con 3,4 miliardi (2,88 miliardi di euro). L’anno seguente il primato era andato al Giappone con 4,1 miliardi di dollari (3,47 miliardi di euro), con secondo il Vietnam a 3,8 miliardi (3,21 miliardi di euro), terza la Francia con 3,5 miliardi (quasi 3 miliardi di euro) e l’Italia addirittura slittata fuori dal podio con poco più di 3 miliardi di dollari (circa 2,5 miliardi di euro).
«La recente accelerazione del Made in Italy può essere spiegata dal fatto che i consumatori cinesi, il cui gusto e raffinatezza sono in continua evoluzione, si stanno allontanando dai grandi e noti marchi tradizionali della moda per abbracciare brand più piccoli e di nicchia che hanno mantenuto vivo l’artigianato tradizionale e lo hanno migliorato con le moderne tecniche di produzione», ha spiegato Yuan Zou, head of fashion & luxury Europe di Hylink Digital Solutions, «i brand italiani hanno sempre goduto di uno status preferenziale nella percezione dei gruppi di consumatori cinesi, dovuto in parte all’alta reputazione dell’artigianato italiano e dell’estetica del design e in parte al valore sentimentale legato all’eredità delle strette relazioni culturali e diplomatiche bilaterali».
La decisa rimonta dei prodotti d’eccellenza tipicamente italiani, in particolare articoli di pelletteria, gioielleria, calzature cosmetica e abbigliamento, e l’aumento degli acquisti di questi beni nel mercato cinese è riconducibile anche al nuovo slancio dei consumi interni, iniziato già nel corso del 2020. Se prima della pandemia i clienti locali tendevano a effettuare gran parte dei loro acquisti durante i viaggi all’estero, ora le maison occidentali hanno visto un’importante fetta del business alimentata dal mercato domestico cinese.
L’aumento dei contagi registrato all’inizio del mese scorso, con la diffusione delle nuove mutazioni del virus nell’area continentale del Paese, non sembra destare eccessive preoccupazioni per l'andamento futuro. «La Cina sta finora riuscendo con successo a contenere la variante Delta di Covid-19, molto contagiosa, attraverso lockdown localizzati. Per questo l’incidenza di nuovi casi è molto più bassa rispetto a Europa e Stati Uniti», ha chiarito Swetha Ramachandran, investment manager e responsabile del fondo Gam luxury brands equity di Gam.
«I lockdown fortemente mirati e localizzati in alcune aree come Nanjing e Zhuzhou non dovrebbero avere un impatto significativo sul consumo globale del lusso, in quanto la situazione non è minimamente comparabile a quella della primavera 2020. Le prospettive del lusso in Cina sono correlate alla crescita della classe media, su cui siamo positivi», ha concluso l’analista.
Sulla forza dei consumatori della middle class, soprattutto Millennials e Generation Z, concordano gli analisti di BofA-Bank of America, che hanno evidenziato come un’eventuale lieve flessione della domanda di lusso in Cina nel corso del terzo trimestre sarà da imputarsi alle restrizioni per salvaguardare la situazione sanitaria e non da confondersi con un rallentamento strutturale. (riproduzione riservata)