Qualche squarcio primaverile nel cielo plumbeo dell’inverno faceva sperare, fino alla settimana scorsa, che il trasporto aereo sulla direttrice Asia-Europa potesse riprendere gradualmente anche in ragione di procedure più semplificate in Europa ed in Italia per i passaggeri in transito a seguito delle risultanze favorevoli alle azioni di contrasto del Covid.
Con l'invasione dell’Ucraina da parte della Russia, l’Agenzia Ucraina del traffico aereo ha chiuso il suo spazio aereo “a causa dell’alto rischio di sicurezza per i voli civili” mentre l’Agenzia europea di sicurezza aeronautica ha annunciato un alto livello di pericolo nei cieli di Russia e Bielorussia entro le cento miglia nautiche dal confine ucraino. Anche il governo nazionale della Moldavia ha seguito queste indicazioni e ha chiuso i propri spazi aerei.
Il vecchio detto, ma mai superato nell’ambiente diplomatico, “laddove passano le merci non passano gli eserciti” è stato travalicato ed il trasporto aereo sia passeggeri che cargo subirà riduzioni e un incremento di costi in quanto la rotta sopra i cieli dell’Ucraina era una delle più frequentate sia per chilometraggio sia per minor consumo di kerosene.
Da oggi sorvolare il territorio o meglio l’impero russo costerà molto di più in termini di tempo di percorrenza e di tariffe con un prezzo del petrolio arrivato a 105 dollari per barile.
Si ipotizza altresì, in una situazione molto estrema, che Putin possa, come azione di ritorsione alle sanzioni impostegli, vietare tutto lo spazio aereo russo. In tal caso, i pochi corridoi rimasti sono quelli sopra la Turchia, Paese altrettanto insicuro in fatto di volubilità nelle decisioni politiche, o l’estremo nord avvicinandosi alle rotte polari.
L’aggravante di questa situazione è che, per quanto riguarda il cargo, nel periodo del Covid l’utilizzo delle compagnie di charter, tra cui una quota rilevante è quella dei beni ordinati online, era aumentato notevolmente sino a coprire le carenze dei relativi voli di linea; per cui i collegamenti tra aeroporti secondari cinesi e hub europei con prosecuzioni camionistiche hanno garantito il servizio nell’ultimo semestre dell'anno scorso.
Ora, privati della possibilità di utilizzare i corridoi relativi gli spazi aerei definiti, anche i clienti si troveranno in difficoltà in un momento dove, specialmente l’export, nel settore moda ha avuto performance eccellenti.
A questo punto se la via aerea è poco percorribile si ritornerà alla via mare. Esattamente una settimana fa la società danese Sea-Intelligence stimava che, qualora la supply chain tornasse a qualche forma di normalità, a partire dal secondo semestre, gli operatori marittimi si sarebbero trovati di fronte ad una situazione inconsueta quale quella relativa all’enormità di container vuoti da gestire.
Giusto un anno fa in Cina e precisamente a Shanghai, CIMC (China International Maritime Container) produceva circa 300 mila containers nuovi al mese dato che coincide con la stima di Sea Intelligence di circa 3,5 milioni di vuoti da gestire.
Oggi, questo allarme forse dovrà rientrare ritornando, obtorto collo, alla decisione di trasportare le merci via mare con alcuni colli di bottiglia insoluti. Le restrizioni permanenti in Cina per il personale dei porti e degli equipaggi nell’ambito della politica dello “Zero Covid” e, d’altro canto, i parziali miglioramenti nei porti americani dovuti alla vaccinazione di massa dei dipendenti non sono stati sufficienti a bilanciare le problematiche dei camionisti che hanno utilizzato forme di sciopero nei porti della West Coast e in Canada per protestare con i tempi di attesa dei carichi ma nello stesso tempo nei confronti di nuovi operatori di vessel charter poco pratici delle procedure portuali.
Per quanto riguarda il servizio ferroviario sono stati sospesi tutti i treni da e per l’Ucraina; al momento i collegamenti tra Europa e Cina non hanno subito variazioni tranne i treni da Xian verso l’Ungheria che prima passavano attraverso la Russia e, da ieri, invece la loro percorrenza sarà dirottata via Malaszewicze in Polonia con tempi più lunghi ed incremento di costi.
L’incertezza previsionale di questi ultimi anni a partire dall’insorgenza del Covid è stata il driver che ci ha guidati ma che comunque ha permesso alle aziende sia ditrasporto che di produzione e di retail di ottenere risultati di bilancio straordinari nonostante la lista comparsa nel cahier de doleances del rincaro delle materie prime, delle fonti energetiche, della carenza di wafer di microchip e ovviamente dei costi di trasporto.
Ma oggi lo scenario è profondamente diverso: è in corso una guerra sulla falsariga di quanto è accaduto nei secoli passati.
Proprio Ryszard Kapuscinski, uno dei più importanti reporter del secolo scorso, scomparso da qualche anno, così scriveva della Russia, nel 1958, nel suo reportage Imperium: ”E che dire delle frontiere stabilite da monarchie e repubbliche? Da antichi regni e civiltà scomparse?... Quante vittime, quanto dolore legati alla questione delle frontiere... Questa sensibilità all’elemento frontiere, questa continua smania di delimitarle, espanderle o difenderle è una caratteristica non solo dell’uomo ma di tutto il mondo vivente... La frontiera è stress”. (riproduzione riservata)
*managing director a Shanghai di Savino Del Bene, azienda di trasporti internazionali e logistica. Vive e lavora in Cina da oltre 25 anni