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Industria

Futurasun in Cina, a breve riprenderemo a produrre al 100%

L'azienda fondata da Alessandro Barin, che produce pannelli fotovoltaici ad alta efficienza, unico caso europeo nel Dragone, sta recuperando rapidamente le due settimane di fermo. Barin è ottimista su una ripresa generalizzata e raccolta in dettaglio come le autorità sono intervenute per monitorare le attività nelle fabbriche, a seguito della diffusione dell'epidemia


20/02/2020 13:49

di Pier Paolo Albricci - Class Editori

barin
Alessandro Barin, fondatore e ceo di FuturaSun

«Il nostro stabilimento di Taizhou ha riaperto lunedì, al termine dell’iter superato positivamente. È così ripartita, dopo appena due settimane di fermo forzato, la produzione dei nostri pannelli fotovoltaici». Alessandro Barin, 40anni, fondatore e ceo di Futurasun, l'azienda padovana che l'anno scorso ha aperto uno stabilimento per la produzione di pannelli fotovoltaici ad alta efficienza, sfidando la leadership cinese nel settore grazie alla tecnologia italiana proprietaria, è ottimista sulla ripresa della produzione. 

«La produzione non è ancora al 100%, perché stanno progressivamente ripartendo anche le varie aziende della filiera delle materie prime e della componentistica, ma stiamo finalmente riprendendo la produzione anche dei nuovi prodotti, che proprio in queste settimane abbiamo lanciato sul mercato. Per la verità l’attività aziendale non si era mai fermata grazie alle scorte di magazzino predisposte per le festività di capodanno, e con l’home working da parte degli uffici in Cina, facilmente sempre connessi anche con l’Italia. Alla fin fine speriamo addirittura di poter recuperare queste due settimane di inattività», ha raccontato a MF Milano Finanza.

Futurasun ha la sede commerciale a Padova e il centro operativo a in Cina, a 150 chilometri da Shanghai e 800 da Wuhan, il centro dell'epidemia. Mentre Barin vive con la famiglia a Suzhou, dadove è rientrato ai primi di febbraio.

Domanda: che impressione ha di come la Cina sta affrontando l’emergenza?

Risposta: sono abbastanza ottimista. Vedo un grande paese che ha voglia di ripartire, ma che ha saputo affrontare la situazione con grande determinazione ad attuare gigantesche misure di prevenzione, a tutela della salute pubblica, per evitare l’espansione del virus. Del resto avevo vissuto anche l’emergenza Sars nel 2003 e quindi un po’ di esperienza l’avevo già maturata.

D. Differenze con l’emergenza di allora?

R. Da allora la Cina si è completamente trasformata. Oggi ci sono spostamenti di milioni di persone al giorno che solo un decennio fa erano impensabili e che quindi hanno reso la diffusione del virus estremamente più rapida. Incontrollabile, verrebbe da pensare, senza le misure incredibili attuate dalle autorità cinesi proprio per contrastare efficacemente la diffusione.

D. Che cosa è cambiato per lei?

R. Allora ero uno studente italiano in Cina ed oggi invece ho la responsabilità di una famiglia e dei dipendenti, ma le misure adottate dovrebbero portare al risultato sperato, confido che tutto possa tornare alla normalità entro uno o due mesi. Del resto la riapertura di lunedì è il miglior segnale di buon auspicio per il futuro.

D. È pronto a tornare in Cina?

R. Certamente, ma Il rientro è programmato per metà marzo, perché le scuole sono ancora chiuse e quindi mia figlia non potrebbe tornare alla sua vita quotidiana. Usualmente divido il mio tempo tra Italia e Cina, perché FuturaSun è nata fin dall’inizio come un’azienda italiana e cinese al tempo stesso, per riuscire a coniugare e cogliere le potenzialità di entrambi questi due mondi così diversi.

D. Come stanno andando le cose?

R. Stiamo crescendo velocissimamente, abbiamo parecchi progetti per il 2020 che inizieranno a prendere forma e per i quali saremo impegnati.

 

D. Che situazione ha lasciato in Cina?

R. Ho lasciato una situazione molto particolare, perché in tutta la Cina sono state varate regole precise per tutti gli spostamenti di persone e merci, disposte dal governo centrale e messe in atto dai vari governi locali. È un sistema di gestione degli spostamenti messo in piedi alla velocità della luce, come solo in Cina è possibile ipotizzare.

D. Per esempio

R. Nel quartiere in cui vivo a Suzhou non ci sono stati casi di malattia, e quindi non ci sono restrizioni ai movimenti, ma per spostarsi anche di poco sono attivi controlli molto rigorosi. Per raggiungere l’aeroporto di Shangai abbiamo impiegato 5 ore, anziché le solite due ore di viaggio, per poter superare il controllo della temperatura corporea verificato su tutti coloro che arrivavano alle porte della città.

 

D. Che informazioni ha sulla ripresa del lavoro?

R. In questi giorni sono iniziate le riaperture sotto un rigido controllo pubblico, nella nostra provincia addirittura secondo una graduatoria, che ha privilegiato le aziende strategiche per la società, sulla base di vari fattori. Le riaperture sono state comunque condizionate a precisi requisiti di ordine igienico sanitario sui luoghi di lavoro e alla verifica su stato di salute, provenienza e spostamenti recenti dei dipendenti.

D. Com'è l'iter?

R. In primo luogo c'è l'autocontrollo dell’azienda che chiede di poter riaprire, quindi verifica delle autorità che, prima della riapertura, effettuano un audit sul posto per rilasciare la luce verde di via libera. L’azienda deve avere la possibilità di aerare gli ambienti, deve avere dinsifettanti, ogni lavoratore compila un’autodichiarazione sui suoi spostamenti (verificata tramite app dalle autorità) deve sottoporsi ai test diagnostici, deve indossare la mascherina, gli viene misurata la febbre 2-3 volte al giorno. In mensa i dipendenti vengono divisi uno per tavolo, oppure si creano dei divisori con scatoloni di cartone.

 


 


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