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Industria

Hong Kong, tra promesse di ripresa e tentazioni di reshoring

Una ricerca di Standard Chartered ha sondato gli umori di 200 imprese della Greater Bay Area con lo hub di Hong Kong: solo il 40% è sicuro di non volere cambiare localizzazione, mentre quasi il 20% sta facendo le valigie. La piazza finanziaria di HK rilancia con la promessa di aprire ancora di più la frontiera al business


21/09/2022 18:23

di Marco Leporati*

settimanale
Johnny Lee, governatore di Hong Kong

In questa tormentato autunno cinese compreso tra la festività della Luna (Middle Autumn Festival), per altro avvizzita dalle temperie del Covid, e la Festa della Repubblica della prima settimana di ottobre, anch’essa forse in sottotono, si accavallano dati e umori o, in termi sociologici, sentiment in materia economica che preludono, da un lato, agli attesi risultati di agosto, dall’altro alle decisioni congressuali di metà ottobre.

A conferma, a cadenza annuale, una ricerca pubblicata in questi giorni, curata dalla Standard Chartered su un campione di 200 aziende localizzate nella Greater Bay Area ovvero nella provincia storicamente più industriosa della Cina con il cordone ombelicale dell’hub finanziario di Hong Kong, prospetta un outlook a tinte fosche nell’ambito di un orizzonte nebbioso.

La survey, postdatata in quanto effettuata nello scorso maggio, da conto di un processo maturato proprio a quel tempo ed ingigantitosi di recente in uno scenario dove, a fronte delle incertezze domestiche e globali, emergono le preoccupazioni per il medio termine.

Le quattro ragioni principali sono: la politica di zero Covid, le tensioni tra USA e Cina, il conflitto tra Russia e Ucraina e, infine, la criticità delle risorse umane in termini di costo del lavoro, reperimento di talenti e problema dei migranti. Ciò che sovraintende queste ragioni è comunque il calo dell’export che nel mese di agosto ha subito nell’area in oggetto un calo del 7,1% rispetto all’anno precedente e l’indice Caixin PMI è sceso ad agosto del 49,5% rispetto al 50,4% di luglio. Infine, a caduta, la situazione dei migranti che con salari minini e spesso con fabbriche chiuse per mancanza di ordini o per lockdown resistono in quanto ritornare al loro villaggio, a differenza del passato, significherebbe lo stato di disoccupato.

Delle 200 aziende intervistate solo il 6,7% ha spostato le proprie operazioni fuori dalla Cina; l’11% sta completando questo passaggio mentre il 37,7% è ancora in una posizione di attesa e di valutazione per i piani di investimenti futuri prima di assumere decisioni strategiche definitive. Il restante 40% al momento non ha intenzione di ripensare la propria rilocazione produttiva.

Se poniamo l’attenzione a quelle aziende che sono in fase di valutazione troviamo che nelle altre province coesiste il medesimo atteggiamento ma, per come sono strutturate oggi le aziende, non è affatto semplice pensare il reshoring senza tenere conto del posizionamento delle diverse supply chain, dell’interconnessione dei trasporti e, infine, della distribuzione del prodotto.

Infatti i due Paesi maggiormente gettonati per il reshoring sono il Vietnam e la Cambogia, che fanno parte del Trattato del RCEP (Regional Comprehensive Economic Partnership) nonchè di FTA con benefici consistenti negli scambi transfrontalieri senza tralasciare gli incentivi economici.

Rispetto a questo quadro, non positivo ed oggetto di discussioni giornaliere, il Governatore e Chief Executive di Hong Kong John Lee ha offerto, nel corso del convegno “Phoenix Financial Forum for the Grater Bay Area” organizzato da Phoenix TV,  tenutosi nella giornata odierna, una visione della GBA (Greater Bay Area) con i suoi 86 milioni di abitanti, includendovi Hong Kong e Macau, aperta a essere o a diventare ancora una volta un centro di riferimento di business.

In particolare Hong Kong si ripromuove come centro finanziario e dello stock exchange e la GBA come area ad alta intensità manufatturiera e nello stesso tempo anche di sviluppo attraverso R&D e start up. John Lee ha dichiarato che: «Hong Kong nei prossimi cinque anni farà nuovi sforzi per massimizzare i propri vantaggi come un’aperta città internazionale così da entrare nel potenziale sviluppo della Greater Bay Area per giocare un ruolo leader nell’ambizioso piano di integrazione economica della Cina». La priorità quindi è quella “di riconnettersi al mondo”.

Il fatto poi che Pechino abbia offerto a Johnny Lee l’endorsement per un modello gestionale diverso relativo alla mobilità delle persone provenienti dall’estero specificatamente per una formula di quarantena breve a partire probabilmente dalla fine di settembre porterebbe a ritenere che il principio di “One Country, two Systems” possa ritornare in essere come nel periodo preCovid.

Secondo la tradizione cinese questo è l’anno della tigre d’acqua che rappresentando uno dei cinque elementi vitali cade ogni sessanta anni mentre la consuetudine ad ogni capodanno cinese è una rotazione ed alternanza degli animali ogni dodici anni. In aggiunta quest’anno vi sono state tredici lune e per paradosso quella di luglio era la luna nera.

Il retaggio della tradizione popolare con le combinazioni di una sorta di alchimia del pensiero portano a ragionare sugli accadimenti quotidiani: ma siamo solo a settembre. (riproduzione riservata)

*presidente di Savino del Bene Shanghai Co. Vive e lavora a Shanghai da oltre 25 anni


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