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Industria

Le pmi sulla Cina: per noi è un soprattutto un grande mercato di sbocco

Lo afferma un rapporto presentato oggi dalla Fondazione Italia Cina sulla base di 180 interviste a imprenditori. È emerso anche l'enorme valore dell'interscambio delle pmi con i mercati dell'Asia Orientale, oltre 47 miliardi di euro nel 2018, di cui quasi 20 miliardi di esportazioni. Molti imprenditori paventano le difficoltà di fare un salto da esportatori a investitori nei confronti della Cina


23/02/2021 15:38

di Pier Paolo Albricci - Class Editori

settimanale
Marco Bettin, direttore operativo della Fondazione Italia-Cina

Per le piccole e medie imprese italiane che investono in Cina, quella che fino a poco tempo fa era vista come la "fabbrica del mondo" verso la quale esternalizzare le produzioni sta diventando sempre più un attraente mercato di sbocco per le proprie merci. Lo afferma uno studio realizzato sulle PMI italiane dal Centro studi per l'impresa della Fondazione Italia Cina (Cesif) che è stato presentato oggi.

Il rapporto, intitolato "Il ruolo delle PMI nelle relazioni fra Italia e Cina: analisi di scenario e indicazioni di soci e imprese", è basato su un sondaggio tra 180 PMI italiane che hanno investito in Cina. "Sono queste le aziende che hanno maggior bisogno di aiuto" per avere un ruolo nel mercato più dinamico del mondo, ha spiegato il presidente della Fondazione Italia Cina Mario Boselli. "I grandi non hanno bisogno di aiuto, ma la filiera sottostante sì", ha continuato. "Questa ricerca - ha proseguito - ha avuto lo scopo di capire quali sono i loro bisogni reali".

La Cina è il paese che è "uscito per primo dalla pandemia" ed è stato l'unico paese al mondo tra quelli importanti in crescita.
"Oggi si deve andare in Cina, anche se non è sempre semplice", ha detto ancora Boselli.

Le piccole e medie imprese italiane hanno avuto un interscambio commerciale nel 2018 con l'Asia orientale qualcosa come 47,2 miliardi di euro, pari al 58,1 per cento del totale dell'interscambio italiano nella regione. Le esportazioni delle PMI italiane in Asia orientale hanno raggiunto i 19 miliardi di euro. L'export delle PMI verso la Cina è di 6,5 miliardi di euro, mentre l'import è di 20,2 miliardi di euro.

Il sondaggio rivela che le motivazioni che portano le PMI italiane in Cina sono cambiate. Il 76,34% del campione infatti dichiara di intendere "mercato di sbocco" come opzione principale della presenza in Cina, seguita dal 12,2% dell'indicazione della Repubblica popolare cinese come "sede produttiva delocalizzata" e dall`11,45% come "hub regionale".

"Tra le imprese che hanno risposto al questionario, la Cina è sempre più vista come un mercato di sbocco e di consumo e sempre meno come fabbrica del mondo", ha spiegato Marco Bettin, direttore operativo della Fondazione Italia Cina. Evidentemente molte delle piccole e piccolissime imprese italiane sono spaventate dalle difficoltà che emergono nell'operare in quel grande mercato, difficoltà legate al rispetto della proprietà intellettuale, alla lingua e all'individuazione di un partner.

D'altra parte le considerazioni che emergono dalle 180 pmi intervistate in Italia sono contraddette dalle 360 interviste fatte in Cina alle imprese associate alla Camera di commercio italiana a Shanghai alla fine dell'anno scorso, dalle quali emerge un forte ottimismo sulle prospettive di business in quel paese, anche da parte dei manager delle imprese più piccole sbarcati in Cina negli ultimi tre anni. 

Tutto ciò evidentemente indica la difficoltà di fare il salto per un imprenditore, che non abbia alle spalle sufficienti riserve di capitale, da venditore a investitore diretto, salto comunque ritenuto ormai indispensabile per un'economia che voglia crescere.

Su questo filone si innestano gli interventi della Fondazione che mirano a migliorare la presenza digitale delle PMI, favorirne l'accompagnamento nel mercato cinese, il matching con partner cinesi, rafforzare il bagaglio di competenze linguistiche culturali delle imprese, oltre a favorire una migliore competitività del sistema e un coordinamento a livello europeo.

Per la Cina i suggerimenti sono una migliore tutela della proprietà intellettuale, la creazione di piattaforme di matchmaking tra i partner, rafforzare la declinazione per le imprese dell'Iniziativa Belt and Road e favorire gli investimenti italiani.

Alla presentazione di oggi è intervenuto Li Bin, il ministro consigliere per l'Economia e Commercio dell'Ambasciata della Repubblica popolare cinese a Roma. Li Bin ha ricordato che "la Cina è entrata in una nuova fase di sviluppo e continuerà a creare un innovativo modello di sviluppo", che consentirà alla "cooperazione sino-italiana" di offrire "sempre maggiori opportunità in tanti settore, come la digital economy, la medicina e la salute, le energie verdi e la tutela ambientale". Ha inoltre ricordato il ruolo "speciale" di Cina e Italia ai due estremi della Via della Seta, accennando all'iniziativa Belt and Road. (riproduzione riservata)


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