Con ogni probabilità, il 5 marzo, in apertura dei lavori dell’Assemblea nazionale del popolo, il premier cinese Li Keqiang annuncerà un tasso di crescita per la Cina nell'anno in corso tra il 5% e il 5,5%, ben al di sotto dell’8,1% registrato nel 2021.
Lo scrive la Fondazione Italia-Cina nell'ultima Instant Analysis realizzata dal loro Centro Studi e dedicata alle cosiddette "Due Sessioni”, uno degli appuntamenti più importanti nell’agenda dei politici e dei legislatori cinesi, in cui verranno prese decisioni chiave a livello politico, economico, sociale e strategico che delineeranno il percorso di crescita della seconda economia mondiale nel 2022. La crescita sarà in linea con la media, in calo del 6%, del tasso di crescita previsto dalle singole amministrazioni provinciali e municipali per l'anno in corso.
La crescita economica dovrà necessariamente tenere conto anche della riduzione delle emissioni di carbonio, uno degli obiettivi da qui al 2030 e al 2060, anni in cui Pechino si è rispettivamente prefissata il raggiungimento prima del picco di emissioni di CO2 e poi del loro azzeramento. Aumentare i consumi, rilassare l’offerta di credito, accelerare sugli investimenti infrastrutturali e porre un freno al divario di crescita interna sono alcuni dei principali passi per sostenere l'espansione della seconda economia al mondo, si legge nell'analisi.
Un altro dato da guardare sarà quello della disoccupazione. Secondo l'ufficio nazionale di statistica nel 2021 si è registrato un tasso di disoccupazione urbana del 5,1%, che sale al 14,3% nella fascia 16-24. Nello stesso anno, 9.09 milioni di studenti si sono laureati in Cina e, nel 2022, è previsto che altri 10.76 milioni di studenti universitari entreranno nel mondo del lavoro.
Alcuni settori ed industrie non sono ancora tornati ai livelli produttivi pre-pandemia, soprattutto le PMI, che assorbono oltre l’80% della forza lavoro urbana. "Permane dunque un diffuso scetticismo in merito all’effettiva capacità dell’economia cinese di assorbire un così alto numero di laureati (ogni anno, secondo il Ministero dell’Istruzione cinese, il numero di nuovi laureati aumenta in media di 350mila unità)", mette in evidenza la Fondazione. (riproduzione riservata)