In ottobre la crescita dsell'economia cinese ha rallentato lo slancio, creando ulteriore pressione su Pechino mentre cerca di trovare una soluzione al conflitto commerciale con gli Stati Uniti. La produzione industriale è cresciuta del 4,7% rispetto all'anno precedente (+0,17% mese su mese), mentre il dato annuo di settembre segnava un +5,8%, ha riferito l'Ufficio nazionale di statistica della Repubblica popolare.
Le vendite al dettaglio in ottobre sono aumentate del 7,2% su base annua, sotto la crescita stimata del 7,8% e in rallentamento da settembre. Gli investimenti in immobilizzazioni nelle aree urbane cinesi nei primi dieci mesi del 2019 sono aumentati del 5,2% rispetto all'anno precedente.
Anche la crescita dell'attività edilizia ha rallentato rispetto all'aumento del 5,4% registrato nel periodo gennaio-settembre.
Questi indicatori indeboliscono le previsioni sul trend dell'economia cinese, su cui influisce anche la stagnazione sostanziale delle trattative sui dazi tra le due superpotenze. Ciononostante il consenso degli analisti si mantiene sulla previsione di un dato di aumento annuo del pil 2019 intorno al 6,2%, circa il doppio della crescita media nel mondo.
Tuttavia Pechino sarebbe intenzionato, dopo i dati di ottobre su consumi e produzione, a stimolare la crescita e abbassare i costi di finanziamento per le imprese tagliando ulteriormente i tassi di interesse dei prestiti, dopo aver ridotto il costo del denaro per la prima volta dal 2016 a novembre.
Sul fronte dei dazi, i colloqui bilaterali sarebbero arrivati a un punto morto sul tema degli acquisti di prodotti agricoli americani da parte cinese, mentre i funzionari delle due parti cercano di chiudere l'accordo commerciale limitato, la cosiddetta fase 1, che il presidente statunitense, Donald Trump, ha delineato lo scorso mese.
Secondo Trump, la Cina avrebbe accettato di acquistare ogni anno fino a 50 miliardi di dollari di soia, carne di maiale e altri prodotti agricoli dagli Stati Uniti, ma in realtà Pechino sarebbe riluttante ad assumersi un impegno numerico preciso nel testo di un accordo, secondo fonti citate dal Wall Street Journal.
Inoltre, la Cina vuole evitare di concludere un accordo che sembra più favorevole a Washington, e vuole anche avere una certa flessibilita' all'interno dell'accordo nel caso in cui le tensioni commerciali aumentassero di nuovo. «Possiamo sempre interrompere gli acquisti se le cose peggiorano nuovamente», ha riferito un funzionario cinese.
La disputa sugli acquisti di prodotti agricoli è una delle numerose questioni che stanno ritardando il completamento dell'accordo commerciale limitato annunciato da Trump e dal vice premier cinese, Liu He, lo scorso 11 ottobre, accordo in cui la Cina avrebbe acquistato da 40 a 50 miliardi di dollari in prodotti agricoli statunitensi. Entrambe le parti sono anche in conflitto sulla questione dei dazi e in particolari sulla possibilita' che gli Usa aumentino le tariffe sulle importazioni cinesi.
I funzionari cinesi stanno poi resistendo alle richieste degli Stati Uniti di introdurre un forte meccanismo di applicazione dell'accordo e di porre un freno al trasferimento forzato di tecnologia per le aziende che cercano di fare affari in Cina.
Da parte loro molte grandi imprese americane sperano in un'intesa in cui l'amministrazione Trump si impegni ad abbandonare il piano per l'imposizione di nuove tariffe sui beni di consumo fissato per il 15 dicembre e a ridurre i dazi del 15% su altre importazioni entrate in vigore il primo settembre.
Il ministero del Commercio cinese non ha rivelato alcun impegno agricolo e un portavoce del ministero ha dichiarato la scorsa settimana che gli Stati Uniti avevano concordato di eliminare alcune tariffe esistenti come parte della prima fase dell'accordo.
Oltre agli acquisti da parte di aziende agricole cinesi, i funzionari degli Stati Uniti hanno affermato di aspettarsi che la Cina, nella prima fase, si attenga a regole per prevenire la manipolazione della valuta, a salvaguardare la proprietà intellettuale delle società e ad aprire il proprio mercato finanziario.
Le aziende statunitensi che operano all'estero sono preoccupate che le limitate aperture del mercato nel settore bancario o in altre aree non significheranno molto se Pechino non introdurra' regole che consentano un flusso piu' libero di dati e che non richiedano il trasferimento della tecnologia quando si entra nel mercato cinese.
I gruppi di imprese sperano che saranno affrontate ulteriori riforme strutturali se i due paesi negozieranno accordi di fase due o tre. Nel frattempo, l'amministrazione Trump e' ansiosa di ottenere il maggior numero possibile di impegni dalla Cina nella prima fase, in parte come assicurazione nel caso in cui i Paesi faticassero a raggiungere accordi futuri.