Nel recente caos geopolitico, determinato dalla guerra in Ucraina e dalle tensioni su Taiwan, c'è un Paese che può trovarsi in una condizione molto favorevole rispetto alla maggior parte delle altre nazioni per attrarre investimenti, anche in virtù della sua generale neutralità rispetto ai grandi scontri geopolitici.
È l'India di Narendra Modi, che si sta candidando a diventare una «nuova Cina», non solo economicamente ma anche a livello demografico. Secondo lo studio The World Population Prospects 2022 curato dalle Nazioni Unite, l'India sta per diventare il Paese più popoloso del mondo: gli indiani sono oggi 1,412 miliardi, mentre i cinesi sono 1,426 miliardi e già nel 2023 ci dovrebbe essere il sorpasso.
Una crescita della popolazione a cui si accompagnerà una altrettanto forte accelerazione del pil già da quest'anno. Il Fondo Monetario Internazionale prevede un +7,4% per il 2022, un'espansione seconda solo a quella dell'Arabia Saudita (+7,6%). Secondo Morgan Stanley, nel biennio 2022-23 l'economia indiana sarà quella in più rapida crescita in tutta l'Asia. Gli analisti della banca d'affari si aspettano che il pil del Paese raggiunga una media del 7% nel periodo indicato, diventando la più veloce tra le maggiori economie e contribuendo rispettivamente per il 28% e per il 22% alla crescita asiatica e globale.
La riduzione dei crediti deteriorati delle banche, il miglioramento della situazione patrimoniale delle società più grandi e le politiche governative orientate alla crescita sono fattori che a medio termine possono favorire una crescita dei rendimenti e un aumento della spesa in conto capitale trasformando l'India nel motore della crescita asiatica.
Le riforme dell'economia realizzate dall'ex premier Manmohan Singh hanno mostrato i loro risultati in un Paese che oggi punta alla green economy, alla ripresa dei consumi interni e al mercato del mattone, anche se, sul fronte della liberalizzazione del mercato, molti sono gli ostacoli da superare. Lo Stato continua a essere ancora molto presente in vari settori dell'economia, soprattutto servizi finanziari e banche.
Un altro segnale della forza dell'India è la performance del listino principale della borsa di Mumbai: il Sensex è tra i migliori indici globali degli ultimi cinque anni e ad agosto è tornato a superare la soglia dei 60 mila punti riavvicinandosi ai massimi storici toccati a fine 2021 sopra quota 61 mila. Lo scorso maggio Life Insurance Corporation, gruppo assicurativo statale indiano, ha raccolto 205,6 miliardi di rupie (circa 2,6 miliardi di euro) nella più grande offerta pubblica iniziale di sempre nel mercato indiano.
Se la crescita del Paese è potenzialmente enorme, qualche fattore di rischio però resta. L'India è fortemente dipendente dal greggio, fonte energetica indispensabile per l'energivora industria domestica e che importa quasi totalmente. Oltre l'80% del petrolio viene importato e quindi il Paese è in parte condizionato dal contesto energetico: l'impennata dei prezzi degli ultimi mesi si è in parte riflessa sia sui rendimenti dei titoli di Stato indiani che sulla moneta del Paese.
La rupia ha toccato i minimi storici sotto quota 80 sul dollaro a luglio riprendendo quota solo dopo che la Reserve Bank of India è intervenuta per arginare il calo. Di conseguenza un altro rischio legato al Paese è l'inflazione elevata: nel 2010 toccò il 16% e per combatterla la banca centrale rialzò i tassi per 13 volte da marzo di quell'anno. Attualmente è in fase di contenimento, grazie anche all'azione della banca centrale che ha aumentato i tassi di riferimento di 40 punti base a maggio e di 50 a giugno portandoli al 4,9%. In luglio l'inflazione è scesa al 6,71%, in calo per il terzo mese consecutivo.
A supportare l'andamento dei mercati indiani c'è anche una caratteristica che attiene al rapporto tra famiglie e risparmio. A luglio l'Amfi (l'Assogestioni indiana) ha censito masse totali allocate nei fondi comuni pari a 473 miliardi di dollari, mentre il denaro investito dagli investitori domestici nei mercati azionari ha raggiunto nel primo semestre la cifra record di 25 miliardi. I flussi domestici tra gennaio e giugno sono riusciti così a più che compensare i disinvestimenti per 24 miliardi realizzati dagli investitori istituzionali esteri, mantenendo la bilancia della raccolta in positivo fino a che, tra fine luglio e inizio agosto, anche i fondi internazionali sono tornati compratori netti nei mercati indiani.
La selezione di fondi aperti ed Etf elaborata da Morningstar Direct mostra che i migliori dieci prodotti focalizzati sui mercati indiani per performance da inizio anno rendono in media quasi il 6%, che sale al 15% su un orizzonte annuale. Guardando alla composizione dell'indice, il Bse Sensex 30 è un paniere in cui la componente principale è quella bancario-finanziaria. Nel Paese è in corso un vasto piano di privatizzazioni con l'obiettivo di uniformare le poco efficienti banche pubbliche al modello di quelle private. Gli analisti di S&P si aspettano che la crescita economica e l'incremento della classe media «traineranno l'incremento dei prestiti, soprattutto al settore retail».
Altro settore interessante è quello delle rinnovabili. A inizio estate il colosso TotalEnergies, ad esempio, ha annunciato l'acquisto di una partecipazione del 25% in Adani, che diventerà «la piattaforma privilegiata per la produzione e la commercializzazione dell'idrogeno verde in India», argomenta Roger Mortimer, portfolio manager di KraneShares. L'India, aggiunge il gestore, è «importatrice di energia, ha ambiziosi obiettivi di crescita delle fonti rinnovabili e vede l'idrogeno verde come un tassello importante nella trasformazione dell'infrastruttura energetica».
Infine c'è il settore farmaceutico, anch'esso pilastro delle riforme governative che vogliono rendere i servizi sanitari accessibili a fasce sempre più ampie di popolazione. «Sebbene ci aspettiamo che il mercato sanitario indiano rimanga sotto pressione a causa delle preoccupazioni macroeconomiche», segnala Veronique Erb, portfolio manager emerging markets di Rbc Global Am (Gam Investments), «quest'anno i tassi di crescita del settore dovrebbero tornare intorno al 10-12%». (riproduzione riservata)