In una Pechino ancora bloccata dalla quarantena, in cui non si entra e non si esce, all’Ambasciata d’Italia il lavoro è intenso, tra l’organizzazione di spedizioni di dispositivi sanitari in Italia, l’ultima mercoledì, contatti continui con i consolati di Shanghai, Canton, Chongqing e Hong Kong e le aziende italiane, 1.400 pre-pandemia, ma soprattutto i piani operativi per rilanciare business e relazioni ufficiali. Il capo missione, Luca Ferrari, romano, 58 anni, a Pechino da gennaio, dopo quattro anni a Riad, dove si è particolarmente speso per la diplomazia economica, è convinto, manifestando un ottimismo della volontà non di facciata, che ci sia una grande opportunità per l’Italia.
Domanda: Perché?
Risposta: Parlo continuamente con imprenditori di ogni settore e il sentiment, per altro ovvio, è che la Cina stia puntando con sempre maggiore decisione sull’incremento dei consumi interni per la ripresa della propria economia.
D. A che punto è la ripresa della macchina?
R. Da fine aprile la produzione industriale è quasi completamente ripartita, con un tasso di ripresa del lavoro delle grandi imprese che ha superato il 98%. Il 77% ha dichiarato di operare ad almeno l'80% della propria capacità normale.
D. Quindi?
R. Le limitazioni negli spostamenti dei consumatori cinesi li indurranno a concentrare i propri acquisti nella madrepatria, in totale controtendenza rispetto al passato quando il turismo cinese nelle grandi capitali del mondo era una delle principali fonti di guadagno per i marchi del lusso e della moda, un’occasione che le nostre aziende del settore che sono in Cina, Hong Kong e Macao non possono lasciarsi sfuggire.
D. E per gli altri settori?
R. Su queste premesse, la Cina sarà con ogni probabilità il principale mercato di riferimento non UE per la ripartenza delle nostre esportazioni dopo l’emergenza. E non solo la Cina, ma prevedibilmente tutti i mercati dell’Asia sud-orientale.
D. Però le statistiche dicono che la botta è stata forte, -6,8% nel primo trimestre. Non si era mai visto da 30 anni.
R. Ma il governo ha varato stimoli di ogni tipo a sostegno dei settori produttivi e annunciato misure per sostenere investimenti e consumi, inclusi incentivi all’acquisto di autoveicoli. Nel complesso ha già iniettato quasi 350 miliardi di dollari nel sistema economico.
D. Come prepararsi a recuperare quote sul mercato cinese?
R. Sarà fondamentale rafforzare ulteriormente il coordinamento tra tutti i soggetti interessati a questo mercato, pubblici e privati, con un approccio coeso e coordinato nei confronti dei partner cinesi.
D. Avete promosso iniziative specifiche?
R. A inizio aprile sono stati firmati dei protocolli per l’esportazione di riso e carne bovina italiana grazie ai quali, dopo anni di complessi negoziati, per i nostri produttori si sono finalmente aperte le porte del mercato cinese.
D. E poi?
R. Stiamo svolgendo un’intensa attività di comunicazione e coordinamento con Ice e Sace, via webinar su temi economici e commerciali a cui hanno preso parte oltre mille aziende, a testimonianza dell’enorme attenzione nei confronti della Cina. E stiamo mappando tutti gli aiuti che il governo centrale e le amministrazioni locali hanno messo in campo anche per le aziende straniere.
D. Nei giorni scorsi è stato rinnovato il vertice della Camera di commercio italiana in Cina con una grande partecipazione dei mille associati. E’ positivo?
R. C’è una forte componente industriale nel nuovo vertice guidato da Paolo Bazzoni di Bonfiglioli Drives con la presenza dei rappresentanti di Piaggio, Snam, Bracco, Tecnica e Fincantieri. Sarà un fattore di traino per le aziende italiane interessate ad affacciarsi sul mercato cinese o già presenti. E anche l’incarico a Mario Boselli per la presidenza della Fondazione Italia-Cina è un’ulteriore spinta in questa direzione.
D. Basterà?
R. Sarà necessario fare ancora di più. La situazione eccezionale in cui ci troviamo ce lo impone. Fondazione Italia-Cina, Camere di Commercio, Business Forum Italia-Cina devono servire alle aziende per fare squadra e crescere nel mercato cinese, in sinergia con le istituzioni.
D. Teme che il blocco di Pechino su nuovi visti di lavoro possa in qualche modo limitare l’operatività delle imprese italiane?
R. Oltre l’80% degli italiani impegnati in Cina è rientrato, chi non è rientrato fa parte soprattutto del mondo accademico, perché le università sono ancora chiuse e lo saranno per i prossimi mesi.
D. Però ci sono state dispense al blocco per coreani e tedeschi, come mai?
R. Samsung e Volkswagen hanno ottenuto di far entrare in Cina operai specializzati e ingegnieri indispensabili per far funzionare certe linee. Se un’azienda italiana avesse bisogno ci attiveremo.
D. Il 2020 doveva essere il grande anno del turismo tra Italia e Cina. Un’occasione perduta?
R. Stiamo lavorando con le autorità cinesi per spostare in avanti di uno o due anni quanto era stato programmato, tenendo conto dell’evoluzione che potrà avere il turismo internazionale su base culturale nel dopo pandemia. Ci vorrà tempo per una piena ripresa.
D. Che dipenderà anche dai voli, com’è la situazione?
R. Le principali compagnie cinesi hanno ripreso regolarmente i voli domestici, con l’esclusione dello Hubei, e hanno una quarantina di collegamenti settimanali con molte capitali europee, utilizzati soprattutto da cittadini cinesi che desiderano tornare in patria. Con l’Italia il collegamento è possibile con via Londra, Francoforte o Parigi, ma anche con Ethiopian Airlines via Addis Abeba. (riproduzione riservata)