Trascorso un anno dal lockdown di Wuhan, Pechino ha nuovamente alzato la guardia contro il Covid. Lo fa a Shijiazhuang, capoluogo dell’Hebei, la regione che circonda Pechino. Oltre 230 casi nell’ultima settimana, di cui circa 148 asintomatici, hanno fatto scattare l’allerta. La Repubblica popolare è stato il primo Paese ad affrontare la pandemia e anche il primo a uscirne dopo misure rigide e controlli e restrizioni agli ingressi per contenere il contagio. La Cina è anche l’economia che più velocemente si è ripresa. I dati ufficiali sull’anno appena trascorso saranno diffusi il 18 gennaio.
Il Fondo monetario internazionale, nell’ultimo rapporto diffuso venerdì 8, stima all’1,9% la crescita 2020 in termini di pil reale e al 7,9% quella del 2021 (in leggera flessione dalla precedente stima di 8,2%). Nei quattro anni successivi si manterrà a un ritmo tra il 5,7 e il 5,4%. Le prospettive sono tali che secondo il Centre for Economics and Business Research, entro il 2028 la Cina dovrebbe superare gli Stati Uniti quale prima potenza economica al mondo. La recrudescenza della pandemia continua a essere un’incognita. A dicembre gli indici pmi servizi e manifatturiero rilevati da Caixin e Markit hanno registrato una frenata.
In entrambi i casi il dato è però ben sopra la soglia dei 50 punti, che indica l’espansione delle attività: il primo a 56,3 punti, il secondo a 53 punti nonostante i contraccolpi della pandemia sulla domanda estera. A dicembre la Conferenza centrale di lavoro sull’economia, l’annuale incontro dei leader per definire le priorità di sviluppo, è servita a ribadire che il Paese non deve cullarsi sugli allori. Il 2021 sarà il primo anno del nuovo Piano quinquennale e l’enfasi è stata posta sulla decarbonizzazione, sulla lotta contro i monopoli della quale la campagna contro i Big Tech è la punta e infine sulle tutela dei terreni agricoli e sull’industria nazionale delle sementi (lascito della guerra commerciale intrapresa da Trump).
L’altra preoccupazione cinese è la stabilità finanziaria. Per sostenere la ripresa, ricorda Deloitte, è aumentato l’indebitamento. Nell’ultimo anno si sono registrati una serie di default di imprese pubbliche.
Il Fmi ha esortato il Paese a rivedere le misure temporanee di sostegno al settore finanziario per concentrarsi sulla supervisione e sulle regole per le ristrutturazioni bancarie. La Cina può però consolarsi con l’export. I container sono introvabili. Da giugno il costo di un 40 piedi da Shanghai a Los Angeles è raddoppiato e per Rotterdam è quattro volte più alto. (riproduzione riservata)