Queste prime settimane del 2022, anno della Tigre in Cina, si presentano cariche di incertezze per le attività economiche che risentiranno a fine mese della chiusura per le celebrazioni del Capodanno cinese e, subito dopo, dall’avvio il 4 febbraio delle Olimpiadi invernali. Solo a marzo si riaprirà il sipario per l’anno in corso, purtroppo ancora pesantemente adombrato, dopo due anni esatti, dalla recrudescenza del Covid. Quale sarà la rappresentazione?
Quattro direttrici hanno caratterizzato il percorso economico e sociale cinese durante il 2021: scarsità energetica, incremento del costo delle materie prime e risorse naturali, problematicità dei trasporti e, a chiudere, l’alea del Covid.
A loro volta questi fattori, considerati dai Paesi occidentali una debolezza strutturale del sistema cinese, hanno provocato da parte di quegli stessi Paesi un timido tentativo di azioni di contrasto, pensando, magari, di smarcarsi da quel mercato, ma alla fine senza risultato.
Analizzando più a fondo le quattro direttrici risulta evidente che nulla di quanto paventato ha principiato una sorta di alternativa e non ha prodotto alcuna scalfittura nel modello cinese.
A corollario di questa tesi dobbiamo tener conto di due elementi aggiuntivi importanti: l’uno è la situazione immobiliare cinese; l’altro la variabile dei consumi all’interno del territorio domestico.
Se dovessimo utilizzare l’analisi SWOT, ovvero i riquadri pertinenti la forza e la debolezza, l’opportunità e la minaccia, non possiamo non evincere che quanto si presenterà nel corrente anno non sarà molto differente dal recente passato.
Sul piano energetico, le criticità riscontrate in Cina l’anno scorso sono in buona parte sotto controllo: i piani energetici, il calmieramento del prezzo del carbone, l’incremento delle gasiere di approvvigionamento dagli Stati Uniti che volentieri vendono il gas alla Cina in quanto più remunerativo delle vendite all’Europa e le forniture di gas russo stanno permettendo un’attività nella norma mentre questo problema energetico è deviato sull'Europa.
Sull’altro versante delle risorse naturali, specialmente per quanto riguarda le terre rare, la Cina controlla oltre il 70% dei luoghi estrattivi sotto il cappello della China Rare Earth Group che controlla un terzo dell’industria mineraria domestica. Anche in questo caso, Europa e America sono alle dipendenze cinesi soprattutto per quanto riguarda l’output dei prodotti finiti sia per i microchips che per le batterie delle auto elettriche che, a detta dei maggiori produttori, dovrebbero conquistare il mercato nel corso di questo anno.
Rimane aperto il fronte dei trasporti ma considerando che nei porti americani si stanno scaricando oggi container contenenti prodotti ortofrutticoli ormai deteriorati, le decorazioni di Halloween o quelle natalizie, sorge spontanea la riflessione che il collo di bottiglia è a valle e non a monte.
Riguardo al Covid viene confermato il modello di tolleranza zero per tutto l’anno in corso e, se necessario, sino al 2024. Rimane il fatto che il processo di sorveglianza e di lockdown nelle aree dove ha fatto capolino Omicron si sta rafforzando e la lista dei checkpoint sta aumentando: Xian, Tianjin, Shenzhen, Ningbo, Dalian con quarantene precauzionali e prolungamenti delle stesse in caso di sintomatologie positive.
Il consumo è poi il driver che può misurare il polso delle importazioni dal momento che i consumi in Europa, Italia inclusa, sono in sofferenza. In Cina vi è stata a novembre una decrescita dei consumi stimata a 3,9% rispetto al 4,9% di ottobre; a questo riguardo la Commissione Nazionale dello sviluppo e delle riforme ha insistito che nel quadriennio 2021-2025 si abbia una crescita dei consumi interni per far fronte alle turbolenze esterne dei mercati pari a 7 triliardi di dollari, migliorando la capacità e la qualità dei consumi stessi.
Quadro idilliaco che fa sperare nella zampata della Tigre? No di certo, ma la strada dell’alternanza è lunga e perigliosa: delocalizzazione e reshoring necessitano di qualche anno e questa misura del tempo in una società globale che per autoalimentarsi e rigenerarsi deve tenere il passo è di fatto una contraddizione in termini.
Pertanto la continuità cinese sarà predominante ancorché si stiano rimestando problemi strutturali e sociali: il debito pubblico, il real estate, il climate change ed i problemi occupazionali correlati alla differenziazione delle classi sociali.
Questa differenziazione nasce soprattutto tra piccole e medie imprese e grandi conglomerati. Infatti nei primi undici mesi dell’anno oltre quattro milioni di piccole attività hanno chiuso i battenti mentre solo un milione e trecentomila nuove attività sono state aperte nello stesso periodo, ben lontano dai sei milioni del 2020 nonostante il Covid.
Riguardo all’inflazione la percentuale registrata a novembre è del 2,3% inferiore a quella europea ed americana. Questo dato taumaturgico permette ancora una trasversalità di consumi primari nelle classi meno agiate.
Nel mese di marzo avremo "il riso del disgelo" come diceva la famosa "Canzone dei dodici mesi" di Francesco Guccini? È troppo presto per fare previsioni: certo è che non possiamo seguire il paradigma evangelico che così recita: "Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?" Luca 6,41 (riproduzione riservata)
*managing director a Shanghai di Savino Del Bene, azienda di trasporti internazionali e logistica. Vive e lavora in Cina da oltre 25 anni