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Politica

Piaggio e Ariston, i modelli della presenza tricolore in Vietnam

La chiave del successo nel Paese del sud-est asiatico è produrre localmente per cercare nuovi sbocchi sui mercati limitrofi, come sta facendo Piaggio. Le imprese italiane nella Repubblica socialista sono in aumento, dalle 76 del 2015 sono salite a 99 e tra loro è alta la fiducia nelle prospettive


06/06/2019 16:30

di Mauro Romano - Class Editori

piaggio
Lo stabilimento Piaggio in Vietnam

Adattare il prodotto alle esigenze locali e sondare nuovi mercati. La chiave del successo delle imprese italiane in Vietnam va in una direzione diversa rispetto alla globalizzazione dei primi anni 2000, quando la strategia sembrava essere delocalizzare la produzione per poi riportare sul proprio mercatoi prodotti realizzati con costi inferiori, soprattutto per il lavoro.

Il boom dell'economia vietnamita ha convinto decine di imprenditori italiani a seguire una via diversa. Lo indica , innanzitutto, l'aumento del numero degli operatori in loco, cresciuto dai 76 del 2015 alle attuali 99 aziende attive principalmente nelle infrastrutture, nel tessile, nei servizi di consulenza e nella meccanica.

La fotografia emerge dal volume “Un laboratorio di successo. Le imprese italiane in Vietnam” curato dall’Associazione Italia-Asean, presieduta da Enrico Letta, e presentato ad Hanoi in occasione del Terzo  Italy-ASEAN High Level Economic Dialogue, organizzato in collaborazione con Ambrosetti-The European House, cui hanno partecipato il primo ministro vietnamita, Nguyen Xuan Phuc, e il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.

L’elemento più interessante, spiega Valerio Bordonaro, autore dello studio assieme a Romeo Orlandi, già direttore di Osservatorio Asia, è l’altro grado di soddisfazione degli imprenditori italiani in Vietnam e la fiducia nelle prospettive.  Le imprese lamentano però difficoltà nella comunicazione, per ragioni soprattutto linguistiche e culturali, e nel trovare management locale, adato alle loro necessità.

Riguardo le politiche del governo, pur con qualche difficoltà a rapportarsi con regolatori ed autorità, le imprese si trovano comunque davanti a un Paese che agisce ancora secondo priorità dettate da piani quinquennali, che garantiscono quindi una pianificazione.

Punte di diamante della presenza italiana sono Piaggio, Ariston Thermo ed Eni. Le prime due sono l’esempio dell’analisi qualitativa svolta dalla fondazione Italia-Asean.

Il grosso della produzione della società presieduta da Roberto Colaninno è in Vietnam. Il principale mercato nell’area è però l’Indonesia. Piaggio nel òprimo trimestre di quest'anno ha venduto nell'area, che comprende Cina, Vietnam, Tailandia e Indonesia per 45 milioni di euro, per circa 20mila veicoli a 2 ruote, con un incremento a valore del 45%, numero che indica tutte le pptenzialità di questi mercati. 

Vietnam e Indonesia sono due dei 10 Paesi che costituiscono l’Associazione delle nazioni del Sudest Asiatico, composta da Filippine, Malesia, Singapore, Brunei, Tailandia, Birmania, Laos e Cambogia. È una realtà che punta  alla creazione di un mercato aperto sul modello dell’Unione europea e il cui pil addizionale cumulativo al 2024 ammonterà a oltre 1.500 miliardi di dollari.

Ariston Thermo, il gruppo marchigiano fondato e controllato dalla famiglia Merloni, ha esemplificato la capacità italiana di adattarsi alla realtà locale con la messa in commercio di un boiler di piccole dimensioni, capace di riscaldare l’acqua di due o tre gradi e quindi ideale per un mercato dove i prezzi sono più bassi e, dato il clima, anche le necessità dei consumatori sono diverse.

Ariston ha chiuso il 2018 con ricavi record per 1,61 miliardi, in crescita del 3,4%, un ebitda di 202 milioni di euro, in linea con il 2017, e un utile netto a 82 milioni pari al 5,1% del fatturato.


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