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Politica

Sale l'età pensionabile in Cina, l'impatto su 300 milioni di occupati

Per le donne sale da 50 a 55 anni, per le operaie, e da 55 a 58, per le dirigenti, per gli uomini da 60 a 63. Il provvedimento riguarda il 21% della popolazione totale e sarà in vigore dal primo gennaio prossimo. Si calcola che a regime il tetto delle pensioni aumenterà del 30%, ma ci sarà un beneficio per le casse dello Stato


16/09/2024 12:30

di Marco Leporati*

settimanale

La settimana scorsa, a due mesi esatti dalle raccomandazioni del Terzo Plenum dell’Assemblea Nazionale del Popolo, la più alta istituzione statale cinese, il Comitato Permanente ha deliberato che, a partire dal prossimo primo gennaio, vi sarà l’innalzamento dell’età pensionabile per le donne e gli uomini.

L'evento è storico perchè la nuova norma annulla e sostituisce quella in vigore (ancorché con varie rimodulazioni) dal 1951, due anni dopo la costituzione della Repubblica Popolare che porta la firma di Mao Zedong.

L'importanza della decisione non dipende solo dal fatto che l'età pensionabile in Cina è la più bassa del mondo, ma anche dall'impatto sociale in un momento in cui i due nodi gordiani del sistema pensionistico e della sanità pubblica si sommano alle più note problematiche della crisi immobiliare e della debolezza sui consumni interni, ponendo un forte vincolo alla crescita del paese. 

È la prima volta che in Cina viene deliberata una decisione che coinvolge al momento 297 milioni di persone a fine 2023 pari al 21,1% della popolazione totale. All’interno di questo numero 217 milioni hanno un’età superiore ai 65 anni e nel 2035 la popolazione over 60 è stata stimata a 400 milioni.

Nel merito le decisioni prese riguardano, per le donne, l'innalzamento da 50 a 55 anni se con mansioni di livelli operai e da 55 a 58 anni per quelle di livelli dirigenziali mentre per gli uomini l’innalzamento passa dai 60 ai 63 anni: il tutto dovrà essere armonizzato entro il 2035.

Per quanto riguarda l’aspetto contributivo saranno necessari almeno vent’anni di contributi versati in luogo dei quindici richiesti in precedenza.

Inoltre se il lavoratore raggiungerà l’età prevista per il pensionamento senza il totale versamento contributivo previsto, dovrà per il periodo mancante corrispondere la differenza secondo i nuovi schemi oppure in un’unica soluzione per poter beneficiare del trattamento stesso.

Durante un periodo di transizione di dieci anni sino al 2035 la nuova normativa prevede anche l’uscita anticipata di tre anni prima dei nuovi limiti su base volontaria in modo da mitigare l’impatto sociale.

Rimodulata nel 1978 dal Consiglio di Stato l'attuale normativa attribuisce la responsabilità all’azienda quale ente erogatore della pensione e dal 1997 si è proceduto ad una ripartizione contributiva tra azienda, lavoratore e fondi volontari.

Yue Su, responsabile del Team di Economist Intelligence Unit’s China sostiene che questo provvedimento possa ridurre il deficit pensionistico nelle casse dello Stato del 20% entro il 2035 e il tetto delle pensioni possa aumentare del 30%.

Queste disposizione va letta corrispettivamente con il calo del tasso di natalità e soprattutto con i problemi occupazionali dei giovani diplomati e laureati che quest’anno svetta a 11 milioni in un contesto economico certamente non favorevole allo sviluppo occupazionale non solo dal punto di vista qualitativo ma con implicazioni nelle scelte delle diverse specializzazioni.

Altri commentatori sostengono che il fronte cruciale si giochi su una futura impasse dove i giovani non troveranno impiego e i vecchi non potranno lasciare il lavoro in quanto per buona parte non avranno i requisiti contributivi. Questa è una delle possibilità che potrebbe emergere dal nuovo scenario pensionistico.

Quello che sta avvenendo è che l’unica area che sta ampliando il proprio centro di interesse è quella tecnologica anche perché una delle mission più volte indicate dal Governo si concentra sull’innovazione tecnologica sinonimo di un vantaggio competitivo transnazionale.

Per questa ragione l’indirizzo universitario in scienze informatiche è quello più ambito non solo dagli studenti che lo scelgono quale piano di studi iniziale dopo il diploma e una rigida selezione  che parte dal gaokao ovvero dal punteggio ottenuto nell’ammissione del college e che perimetra le aspettative migliori ma anche da coloro i quali avevano scelto in precedenza una specializzazione STEM  e che dopo il primo anno di frequenza, con le avvisaglie in chiaroscuro sulle prospettive occupazionali, intendono cambiare il corso di studi.

Va tenuta presente anche la condizione di intership che assume la valenza per la futura ssunzione. Oggi le Internet companies (Alibaba,Tencent) sono la prima scelta secondo la Students Employment Survey, pubblicata dal portale Zhopin, specializzato nel recruitment ma i tempi di attesa e la competizione tra studenti ne frena i loro desiderata.

Non essendoci disponibilità per tutti i potenziali laureati la seconda scelta va nella direzione di essere assunti da una azienda statale (State-owned enterprises SOE), in costante vitalità dove il posto è assicurato e il trattamento economico e di benefit è superiore a quello di un’azienda privata che in questo momento deve combattere con i prezzi unitari del proprio prodotto e un mercato interno all’affanno.

Rimane comunque il fatto che, assorbite queste risorse umane, nei prossimi dieci anni sarà deficitaria una nuova generazione a causa del decremento della natalità. Vale la pena di rinverdire la matrice ideata dal Boston Consulting Group negli anni settanta, trasposta all’attuale situazione congiunturale cinese dove, partendo dal question mark iniziale, si arriva alle Star e al Cash Cow, massimo apogeo, per cadere nel Dog, periodo di incertezza verso il prossimo futuro.

*presidente di Savino del Bene Shanghai Co. Vive e lavora a Shanghai da 30 anni

 


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