Domenica scorsa si sono spenti i riflettori sulle seconda edizione della China International Import Exibition (Ciie), arrivata al traguardo con molte aspettative iniziali e con circa un milione di visitatori al suo attivo. Le transazioni commerciali hanno superato 7 miliardi di dollari, il 23 % in più dello scorso anno.
Fra i tanti aspetti interessanti della manifestazione due eventi complementari, forse poco notati se comparati con altre situazioni più eclatanti ed appariscenti, meritamo di essere sottolineati
Il primo è il China Europe CEO Summit organizzato dalla Industrial commercial bank of China (Icbc), la più grande banche cinese e del mondo, a cui ha partecipato anche la Fondazione Italia Cina e la Camera di Commercio Italiana in Cina, che si è svolto in due momenti: una prima parte con gli interventi di relatori di rilievo, fra cui era previsto anche quello del ministro Patuanelli, assente per impegni ben più urgenti in Italia, e una seconda con un B2B perfettamente organizzato con le controparti cinesi.
Gli interventi che si sono succeduti hanno offerto una panoramica che da un lato incoraggia ma dall’altro mostra i possibili ostacoli nella penetrazione delle imprese italiane nel mercato cinese simile a un caleidoscopio sociale.
L’intervento di Patrick Yu, Presidente della Cofco Corporation ha confermato che l’accordo tra Cina ed Europa per lo sviluppo delle tecnologia in agricoltura è parte importante della loro strategia ed ha marcato l’apprezzamento per i prodotti di Italia, Francia e Spagna ma ha sottolineato come dall’area del Mar Nero vi sia stato nell’ultimo anno un incremento del 18% dell’importazione di pollame in Cina. Va tenuto presente che Cofco in Cina ha oltre due milioni di punti vendita e importa ogni anno dal mondo 160 milioni di tonnellate di prodotti alimentari o comunque destinati alla produzione di alimenti.
Nello stesso tempo l’italiano Andrea Maserati, ceo della Louis Dreyfus Company (Ldc), un colosso mercantile globale che si occupa di agricoltura, trasformazione alimentare, spedizioni internazionali e finanza e una storia di duecento anni, ha spiegato come l’agrisector sia il loro punto di forza, dopo aver iniziato la collaborazione con la Cina nel 1971 importando cotone. Ora la sua azienda è focalizzata nell’apertura di mangimifici per la produzione ittica nell’area di Tianjin.
Un intervento particolarmente plateale ma denso di significato è stato quello del Ministro greco dei trasporti, Ioannis Plakiotakis che ha vantato credito con la Cina per gli investimenti nel Porto del Pireo ed ha preannunciato la visita in Grecia del Presidente Xi Jinpinga a partire da ieri, lunedì 11 novembre.
Ma il fatto che ha destato più stupore è stata la perfetta organizzazione del B2B, con personale della ICBC che seguiva direttamente le discussioni e le negoziazioni.
Si è potuto constatare durante le discussioni con le potenziali controparti cinesi, piccole e medie aziende,una notevole competenza ancorchè provenienti da aree non eccessivamente industrializzate. Ciò sta a significare che l’approccio degli imprenditori italiani non può che non essere altamente professionale con persone che conoscono bene la realtà cinese e parlano correttamente la lingua cinese e non avvalendosi dei soliti interpreti generalisti.
Il secondo aspetto è relativo alla Silk Road, componente essenziale della Belt and Road Initiative. Gli italiani la intendono, in genere, come una parte del mondo su cui insistono diversi corridoi per la movimentazione ed i trasporti delle merci nella duplice direttrice Europa – Cina. Ma volendo andare oltre nell’analisi stupisce che Paesi quasi sconosciuti abbiano una vitalità nel mettersi in campo con le loro produzioni, magari minime ma interessanti.
Al Ciie gli esempi sono stati molteplici. Visitando gli stand dei Paesi che si affacciano sulla Silk Road di inveterata memoria si poteva trovare il miele della Repubblica del Kyrgyzstan insieme ai legumi, cereali e frutta secca conservata, fasti dell’antico impero Timuride, i vini della Georgia e dell’Armenia con una lunga tradizione che risale a migliaia di anni fa nella regione della valle dell’Ararat (come descritta nel bellissimo romanzo La Masseria delle allodole), e quelli più recenti della Serbia e della Cecoslovacchia. Ma è soprattutto la Polonia che sorprende per la gamma di prodotti esposti: dalla frutta fresca al latte a lunga conservazione, già presenti nel mercato cinese a un catalogo di pasta secca e fresca con l’abbinamento delle salse e del pesto da parte di un'impresa familiare originaria della Sicilia, emigrata negli anni cinquanta.
In una brochure di una società cinese di trading con oggetto l’importazione di prodotti alimentari dall’Europa vi è un motto degno di riflessione: «L’Asia e l’Europa hanno accesso al mondo. La Silk Road cambia il mondo».
Ed è per questa ragione che l’Italia non può chiudersi nell’autocelebrazione del prodotto come valore intrinseco ma deve combattere se vuole mantenere una posizione di riferimento rilevante. «Chi è abile in battaglia si attesta sul campo in posizione di vantaggio e non si lascia scappare alcuna situazione che porti il nemico alla sconfitta» ammoniva Sun Tzu ne L’arte della guerra.
Anche perchè si sta insinuando una produzione locale a costi inferiori di prodotti simili a quelli italiani che soprattutto nella grande distribuzione possono fare presa. Un esempio è stato l'assalto dei consumatori cinesie al supermarket americano Cotsco quando ha aperto recentemente a Shanghai inalberando il vessillo del prezzo basso. Tra cui quello del tiramisù prodotto da un’azienda cinese, di cui settimanalmente vengono venduti decine di pallets.
* managing director a Shanghai di Savino Del Bene, azienda di trasporti internazionali e logistica. Vive e lavora in Cina da oltre 25 anni