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Azienda Finanza

A 800 miliardi (+40%) gli investimenti occidentali in asset cinesi

Il dato è una stima attendibile del Financial Times, relativa agli ultimi 12 mesi. Solo Nomura, la casa giapponese di investimenti, ha incanalato verso il Dragone 130 miliardi per acquistare titoli del debito pubblico. Nell'azionario è in atto uno spostamento dai titoli tech a quelli di beni di consumo


15/07/2021 12:41

di Marco Capponi - Class Editori

settimanale

Nonostante le tensioni internazionali tra Pechino e Washington e il brusco stop alle quotazioni per i titoli tech cinesi a Wall Street della scorsa settimana, l'appeal degli investitori globali verso i mercati del colosso asiatico è alle stelle. Stando ai numeri riportati dal Financial Times, nel corso dell'ultimo anno l'esposizione ad asset azionari e obbligazionari del Dragone è aumentata di circa il 40% a più di 800 miliardi di dollari.

Gli investitori internazionali hanno investito da inizio 2021 35,5 miliardi in azioni cinesi (+49% su base annua) e oltre 75 miliardi in titoli di Stato: una crescita del 50%. Da una parte l'entusiasmo per gli asset di Pechino è stato alimentato dalla rapida ripresa post-Covid registrata dal Paese, ma le ragioni del boom sono più strutturali.

A livello obbligazionario, il motore della crescita dei flussi è stata l'inclusione degli asset in renminbi negli indici globali. Ultimo in ordine di tempo l'Ftse Russell, che a marzo ha confermato l'intenzione di inglobare il debito governativo cinese nel suo indice bond globale. Mossa già profetizzata da Nomura, che ha incanalato in Cina più di 130 miliardi.

La raccolta in bond cinesi da parte di holding straniere, stando ai dati di Crédit Agricole del programma Hong Kong's Bond Connect, ha raggiunto quest'anno i 578 miliardi. La ragione principale: il reddito fisso di Pechino è tra i pochissimi, in un universo di tassi ai minimi storici, a offrire ancora rendimenti positivi.

A questo fattore va aggiunto il rally della valuta locale, che a maggio ha raggiunto i massimi triennali rispetto al dollaro. La decisione della Banca centrale cinese dello scorso venerdì di tagliare al 12% il requisito per le riserve bancarie obbligatorie (10% per gli istituti più piccoli) ha alimentato ulteriormente gli acquisti esteri di obbligazioni negli ultimi giorni.

Sul versante azionario, invece, al di là delle performance non elevatissime degli indici dopo i sostenuti rally dello scorso anno, il vero trend a cui si sta assistendo è un passaggio dai titoli tecnologici ad altri settori ben esposti al mercato interno della Cina: industria, consumi interni, sanità.

Comparti che possono captare i grandi trend di sviluppo demografico e socioeconomico del Paese, tralasciando le turbolenze geopolitiche e le crescenti tensioni internazionali. (riproduzione riservata)


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