Tra le società cinesi che pensano alla quotazione, c'è chi guarda agli Usa ma ci deve rinunciare e chi invece, visti gli ultimi sviluppi, decide di tornare a casa propria. Tra queste ultime c'è China Mobile, il più grande operatore di telefonia mobile del mondo per abbonati, che intende raccogliere 7,64 miliardi di dollari attraverso la propria quotazione a Shanghai. L'operazione rappresenterebbe una delle maggiori raccolte fondi di quest'anno.
L'offerta della società di telecomunicazioni cinese arriva dopo che quest'ultima era stata delistata, insieme alle rivali China Telecom e China Unicom, dalla Borsa di New York. La decisione era stata presa questa volta del Nyse all'inizio di quest'anno, per conformarsi a un ordine dell'ex presidente, Donald Trump, che vietava agli americani di investire in società cinesi che si crede abbiano legami con l'apparato militare, l'intelligence e i servizi di sicurezza di Pechino.
China Mobile prevede di emettere 845,7 milioni di azioni al prezzo di 57,58 yuan ciascuna, equivalente a circa 9,03 dollari. L'operatore ha poi un'opzione di over allotment per vendere altre 126,86 milioni di azioni, che in caso di esercizio porterebbe la dimensione dell'offerta a quasi 8,8 miliardi di dollari. Il prezzo di quotazione è notevolmente superiore a quello del titolo China Mobile a Hong Kong, che a metà seduta di oggi ammontava a 46,55 dollari di Hong Kong per azione, l'equivalente di 5,97 dollari.
Il gruppo di telecomunicazioni aveva annunciato i piani per il listing a Shanghai a maggio e aveva affermato che prevede di spendere i proventi dell'accordo su progetti come reti mobili più veloci, nuova infrastruttura cloud e banda larga superveloce. Da una parte, infatti, si sta sviluppando un numero crescente di società cinesi che sta raccogliendo fondi nella Cina continentale o a Hong Kong, sperando di attirare investitori che hanno più familiarità con le loro attività e sono disposti a pagare un premio per le loro azioni.
Dall'altra parte c'è chi cerca di fare lo stesso altrove, come Didi e Ant negli Usa, ma con non poche difficoltà. A seguito della revisione sulla cybersecurity lanciata dal governo cinese poco dopo l'ipo di Didi Global, molti investitori hanno iniziato a domandarsi se le aziende cinesi quotate negli States siano state prese di mira in modo specifico. La risposta, secondo gli esperti di KraneShares è no: ciò che sta accadendo a Didi è infatti una questione a parte, simile a quando il governo ha fermato l'ipo di Ant Group nel novembre 2020.
A fronte degli ultimi avvenimenti, comunque, gli investitori istituzionali possono prepararsi analizzando le possibili strade da percorrere in caso di un delisting di una società dai mercati americani. L'opzione principale per gli esperti è la conversione delle posizioni in titoli quotati negli Stati Uniti con i loro omologhi quotati a Hong Kong. Per esempio, per quanto riguarda il portafoglio dell'Etf KraneShares Kweb, le società Alibaba, JD.com, NetEase, Baozun, Baidu, Autohome, Bilibili e Trip.com hanno tutte quotazioni secondarie presso la Hong Kong Stock Exchange e sono già stati effettuati dei test di conversione con esito positivo.
"In questo caso specifico, quindi, se dovessimo convertire tutte le aziende quotate su due diverse piazze, ridurremmo il peso dei titoli quotati negli Stati Uniti dal 64% al 24%. Inoltre, da gennaio 2022 entreranno in vigore per l’Hkse nuovi criteri di quotazione che permetteranno alle società cinesi listate a New York di quotarsi facilmente anche a Hong Kong, incrementando ulteriormente il numero di azioni cinesi facilmente convertibili tra le due borse", spiegano in conclusione gli esperti. (riproduzione riservata)