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Azienda Finanza

Svolta anche per le banche dopo la fase 1 degli accordi Usa-Cina

È stata anticipata al prossimo aprile la caduta della barriera che impediva il controllo totalitario della banca estera nella filiale cinese. I grandi gruppi finanziari internazionali puntano ora soprattutto ad allargare l'operatività sul mercato dei titoli e delle gestioni patrimoniali. Gli istituti americani sono in prima fila e tra gli europei avanzano Ubs e Intesa Sanpaolo


20/01/2020 13:56

di Giulio Zangrandi - Class Editori

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Yi Gang, governatore della banca centrale cinese

 

Una grossa fetta della finanza internazionale è pronta a guardare con maggiore interesse al mercato dei capitali cinese. Oltre che placare le tensioni sul fronte commerciale, l’accordo di Fase 1 siglato mercoledì 14 gennaio da Usa e Cina ha infatti rappresentato anche uno snodo fondamentale per l’apertura definitiva del Dragone alla presenza di operatori finanziari stranieri nel suo ecosistema.

Oltre all’acquisto di 200 miliardi di dollari di merci americane entro due anni, Pechino si è infatti impegnata ad anticipare di un semestre la rimozione, originariamente fissata al 2021, del limite alle partecipazioni azionarie degli investitori esteri nei settori titoli, gestione fondi, futures, assicurativo vita, pensione e salute.

Questo significa che dal primo aprile le istituzioni finanziarie internazionali, oggi legittimate a possedere non più del 51% delle loro joint venture locali (fino al 2018 non potevano superare il 49%), potranno operare con società di proprietà in un mercato dal valore stimato in 45 mila miliardi di dollari.

Ma con i business tradizionali che nei mercati maturi arrancano, a Zurigo, Londra e Wall Street la corsa alla frontiera cinese è in realtà partita già da tempo, guardando soprattutto alle attività di brokeraggio di titoli e gestione patromoniale. Tra i partecipanti hanno bruciato le tappe, Ubs e Hsbc, ma anche Intesa Sanpaolo per le attività nei fondi e gestione patrimoniale, tutte già operative nel Dragone con società a partecipazione maggioritaria.

Hsbc, storico gruppo leader da decenni a Hong Kong, nel 2017 è stato il primo a fondare da zero a Shenzhen una sussidiaria controllata al 51%, la Hsbc Qianhai Securities, con cui ora svolge brokeraggio e consulenza grazie alla collaborazione con il socio Qianhai (49%), mentre la banca elvetica nel novembre 2018 ha ricevuto per prima l’autorizzazione a salire fino al 51% della propria partecipata locale esistente: la società, chiamata Ubs Securities, è specializzata nell’intermediazione titoli e già dal prossimo anno potrebbe passare interamente sotto il controllo della casa madre.

Il passo decisivo per scavallare operativamente la Muraglia Cinese l’ha fatto anche Jp Morgan, che prima ha ottenuto l’ok all’acquisto di un ulteriore 2%, rispetto al precedente 49%, nell’attività locale di gestione fondi e poi ha fatto richiesta per salire al 51% della jv di trading su futures, segnando in entrambi i casi un primato storico.

Stesso discorso per Nomura, che lo scorso novembre ha ricevuto l’approvazione alla sua nuova jv al 51% di Shanghai, focalizzata su gestione patrimoniale, intermediazione, consulenza in investimenti e trading. Anche in questo caso, ad affiancarla sono tre soggetti legati allo Stato: Orient International Holding (24,9%), Shanghai Huangpu Investment Holding Group (24,1%).

Tra le banche che invece si trovano ancora nel pieno dell’iter autorizzativo, Goldman Sachs, che nell’agosto 2018 ha chiesto la maggioranza della jv azionaria esistente, Goldman Sachs Gau Hua Securities; Morgan Stanley, che lo scorso agosto ha acquistato per 54 milioni di dollari il 2% necessario ad arrivare al controllo di Morgan Stanley Huaxin Securities, ma resta in attesa dell’ok; Credit Suisse, che ad aprile ha sottoposto al vaglio delle autorità locali il piano per salire, con un aumento di capitale, dal 33,3% al 51% di Credit Suisse Founder Securities.

In coda rimangono Citigroup e SocGen: la prima vuole avviare un’attività in titoli interamente posseduta dopo essere uscita da una joint venture in cui detiene una partecipazione di minoranza; la seconda ha accantonato i piani per un jv e mira ora a creare una consociata interamente di proprietà. (riproduzione riservata)


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