Si apre una breccia nella diga costruita dalla vecchia amministrazione Trump per far sì che le aziende tech cinesi non conquistino anche il mercato americano. Il Dipartimento alla Difesa di Washington, infatti, ha accettato di rimuovere Xiaomi dalla lista nera delle società su cui è vietato investire per via di presunti legami con l'apparato governativo di Pechino. La notizia ha giovato alle azioni del gruppo, che durante la seduta odierna alla borsa di Hong Kong sono cresciute del 6,10%.
Nel dettaglio, un documento presentato oggi presso la corte federale della capitale americana ha mostrato come entrambe le parti abbiano concordato la rimozione dell'azienda dalla black list al fine di evitare ulteriori contenziosi dopo la vittoria della società in tribunale lo scorso marzo. In quell'occasione, un giudice federale aveva concesso al produttore di smartphone una sospensione temporanea dal divieto di investimento, considerando l'inserimento dell'azienda in lista nera "profondamente lacunoso".
Secondo il magistrato incaricato del caso, Rudolph Contreras, il Pentagono non sarebbe stato in grado di sostenere in maniera convincente il legame tra la messa al bando di Xiaomi e la sicurezza nazionale del Paese. "Si tratta di una società quotata in Borsa che produce prodotti commerciali per l'uso civile, è controllata in maniera indipendente dal consiglio di amministrazione e dai suoi azionisti e non è soggetta o associata ad altri sotto la proprietà o il controllo della Repubblica Popolare Cinese o dei suoi servizi di sicurezza", aveva spiegato il togato.
Dal canto suo, il dipartimento alla Difesa aveva deciso di applicare il bando alla fine della presidenza Trump, citando in favore della sua tesi un premio assegnato al fondatore dell'azienda, Lei Jun, nel 2019 per il suo servizio allo Stato cinese, nonché i piani di investimento della società tech in 5G e intelligenza artificiale, considerate tecnologie potenzialmente offensive per il Paese. (riproduzione riservata)