Con tutte le cautele del caso, le aziende cinesi riprendono l'attività dopo il prolungamento forzato delle chiusure dettate dall'epidemia di coronavirus.
A Pechino, Shanghai , Shenzhen, le autorità municipali hanno dato il via libera al ritorno a lavoro, esortando tuttavia le aziende a procedere con flessibilità. Fa eccezione Wuhan, epicentro dell'epidemia, dove, salvo nuove comunicazioni, si riprenderà a lavorare dal prossimo 14 febbraio.
Trascorse due settimane dalla fine del Capodanno Lunare la chiusura prolungata rischia di avere ripercussioni sulla crescita complessiva del 2020. Già l'Accademia cinese per le scienze sociali, principale think tank governativo, ha stimato per il primo trimestre il rischio che il ritmo di espansione della seconda economia al mondo possa andare sotto la soglia del 5%, pur prevedendo una ripresa nella seconda parte dell'anno. Da ciò l'esortazione del Consiglio di Stato, l'esecutivo cinese, di riaprire gli stabilimenti quanto prima.
A Pechino, nel fine settimana, il sindaco Chen Jining, ha visitato alcune aziende nel quartiere di Zhongguangcun, il distretto dell'innovazione tecnologica della capitale, per verificare che tutto fosse pronto per riprendere le attività, in piena sicurezza.
A Shanghai la riapertura degli stabilimenti e degli uffici è stata accompagnata da inidicazioni sull'ambiente di lavoro. Ad esempio evitare l'uso dei condizionatori , per scongiurare la diffusione del virus, e garantire il massimo di aerazione degli spazi.
Secondo i dati diffusi dalla municipalità dell'hub finanziario cinese, circa il 70% delle attività manifatturiere ha riaperto, mentre circa il 10% ha preferito rinviare ulteriormente.
A Shenzhen, capitale tecnologica del Paese, la necessità di rimettere al lavoro le fabbriche si incrocia con i timori per il ritorno nella metropoli di milioni di lavoratori migranti, in arrivo da altre parti del Paese. Ecco perché la municipalità ha messo a disposizione delle aziende una applicazione sulla quale trasmettere i piani di ripresa della produzione.
Alcune società hanno tuttavia preferito prolungare ulteriormente le chiusure. Tra questa Foxconn, gruppo taiwanese fornitore tra gli altri di Apple. Negli stabilimenti, secondo quanto riferito dalla Nikkei Asia Review, ci sarebbero ancora alti rischi di infezione. L'azienda si sta pertanto coordinando con l'amministrazione locale per valutare se i sistemi di contenimento del virus e di quarante siano adeguati. "Siamo in contatto con le autorità lolcali e non abbiamo ricevuto sollecitazioni dai clienti per riprendere prima l'attività", ha comunicato Foxconn in una nota. (riproduzione riservata)