Sale la tensione fra Stellantis e il suo ex partner cinese Guangzhou Automobile Group (Gac). Ieri il ceo della casa nata dalla fusione fra Fca e Psa aveva accusato il governo di Pechino di essere responsabile della rinuncia di Stellantis a conquistare il controllo della joint-venture locale. Dichiarazioni definite da Gac "incredibili". Diverse iniziative di Stellantis "non hanno ottenuto successo, il che è il risultato della mancanza di rispetto per i clienti nel mercato automobilistico cinese", ha spiegato il gruppo di Guangzhou in una nota.
Le accuse di Tavares a Pechino
Nel presentare i conti semestrali, Tavares ha così spiegato l'improvvisa retromarcia sull'intesa con Gac. «Avevamo stretto un memorandum d'intesa vincolante che ci avrebbe portato ad avere maggioranza della jv con l'obiettivo di renderla redditizia», ha rimarcato. «Quando è arrivato il momento di inviare il documento finale per ottenere l'approvazione dal governo, Gac si è improvvisamente tirata indietro preferendo essere inadempiente al contratto». A giudizio del manager, dietro l'improvviso dietrofront di Gac si cela la volontà del governo di Pechino. «Negli ultimi anni l'ingerenza della politica cinese sugli affari è aumentata, creando difficoltà crescenti ai gruppi occidentali», ha rimarcato.
La risposta di Gac
Secondo Gac, invece, la joint venture "non è stata in grado di stabilire un meccanismo di funzionamento fondato sulla reciproca fiducia, adatto al panorama altamente competitivo in Cina". Questo fallimento ha reso impossibile "ribaltare la situazione sfavorevole caratterizzata da continue perdite negli ultimi anni". Tavares ha ammesso il rosso accumulato dalla jv produttrice di Jeep in Cina, motivando proprio con queste difficoltà la scelta di salire al 75% nel capitale della società con Gac. Il manager ha però precisato che la rottura delle trattative è stata frutto di una scelta unilaterale e incomprensibile del partner cinese che pure aveva firmato un memorandum d'intesa vincolante. Gac ha invece ribattuto di non aver presentato i documenti necessari alla conclusione dell'affare perché "non si era raggiunto un accordo" e perché Stellantis non ha rispettato i suoi impegni.
L'effetto sulle strategie di Stellantis in Cina
Quale che sia la verità, di sicuro lo scontro con Gac e indirettamente con Pechino non agevolerà la penetrazione di Stellantis in Cina, primo mercato al mondo ma da sempre ostile tanto per Fca quanto per Psa. Oggi il costruttore detiene una quota dell'1% nel primo mercato auto al mondo che vale circa 4 miliardi di ricavi. Nel piano Dare Forward, Tavares ha fissato l'obiettivo di raggiungere i 20 miliardi entro il 2030 tramite una strategia «asset-light» per ridurre i costi fissi e l'esposizione a eventuali rovesci geopolitici. La rinuncia alla produzione locale non è però priva di rischi. In passato, infatti, Pechino ha privilegiato nella concessione degli incentivi all'acquisto le vetture fabbricate localmente. Sicché una parte della gamma Stellantis potrebbe essere tagliata fuori dai sussidi.
Il rischio geopolitico
D'altra parte, la Cina sembra scivolare di giorno in giorno più in basso nell'agenda del manager portoghese che ha privilegiato Europa, Stati Uniti e India nella ripartizione dei 30 miliardi di investimenti al 2025. L'allentarsi dei legami con Pechino è peraltro dimostrata dalla prossima uscita dal capitale del gruppo da parte del socio cinese di Psa, Dongfeng. Tavares è del resto convinto che il mercato cinese stia diventando di giorno in giorno più ostile per le aziende occidentali. Nel primo semestre le vendite delle case tedesche in Cina sono scese del 20%, quelle degli statunitensi del 19%, quelle dei giapponesi del 14%, mentre le immatricolazioni delle case cinesi sono aumentate dell'11%. Segno di un crescente protezionismo che potrebbe contribuire a esacerbare le tensioni fra Cina e Occidente. "Quanto accaduto in Russia e Iran dimostra tutti i rischi di trovarsi in mezzo al fuoco incrociato delle sanzioni, costretti a scegliere fra un blocco e l'altro", ha aggiunto. "Abbiamo quindi preferito adottare in Cina una strategia asset-light, senza stabilimenti di produzione, per evitare di doverli abbandonare in caso di sanzioni". (riproduzione riservata)