I profitti delle principali società cinesi, che operano mell'industria e nei servizi di pubblica utilità, hanno registrato un calo per il quarto mese consecutivo, scendendo del 7,3% a novembre rispetto a un anno fa. Le misure di stimolo varate da Pechino non sono ancora riuscite ad arginare in modo significativo il peggioramento dei conti delle maggiori aziende del paese.
Il calo dei profitti è stato, però, inferiore a quello dei mesi precedenti. A ottobre erano scesi del 10% su base annua, dopo il crollo del 27,1% di settembre, il calo più forte da marzo 2020 in piena pandemia.
I profitti industriali sono un indicatore chiave del benessere finanziario delle imprese. Questo nuovo calo mostra una situazione ancora complessa del sistema industriale all'indomani delle misure adottate da Pechino per stimolare l'economia, soprattutto poerché il dato dei profitti è una media tra l'andamento favorevole di chi opera nei servizi pubblici (fornitura di elettricità, calore, gas e acqua) è il settore minerario e manifatturiero.
Il calo degli ultimi mersi è meno significativo se si considera il periodo gennaio e novembre, in cui i profitti sono scesi del 4,7% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, a fronte di un calo del 4,3% su base annua nei primi 10 mesi del 2024. Le imprese industriali con investimenti esteri, comprese quelle con investimenti a Hong Kong, Macao e Taiwan, hanno visto i profitti diminuire dello 0,8% da gennaio a novembre, rispetto a un anno fa.
I profitti dell'industria mineraria sono crollati del 13,2% su base annua nei primi 11 mesi dell'anno, mentre quelli dell'industria manifatturiera sono scesi del 4,6%. Invece, l'industria dei servizi di pubblica utilità ha registrato un aumento dei profitti del 10,9%.
Nonostante la serie di misure di stimolo introdotte dalla fine di settembre, i recenti dati economici cinesi indicano che la seconda economia mondiale continua a lottare contro la disinflazione, a causa della debolezza della domanda dei consumatori e della prolungata flessione del mercato immobiliare.
L'inflazione in Cina è scesa ai minimi di cinque mesi a novembre, mentre i dati sulle esportazioni e sulle importazioni del Paese hanno deluso le aspettative. Anche gli ultimi dati sulle vendite al dettaglio hanno deluso le previsioni.
Tuttavia, alcuni settori dell'economia cinese hanno mostrato segni di ripresa, con l'attività manifatturiera che si è espansa per due mesi di fila e ha raggiunto un massimo di cinque mesi a novembre.
Una delle ragioni è l'andamento dell'industria automobilistica, trainata dall'auto elettrica. Secondo gli analisti di banche e agenzie internazionali, l'anno prossimo, nel mercato cinese, le vendite di veicoli a batteria supereranno quelle dei mezzi a motore. Secondo gli stesi analisti verranno veniti oltre 12 milioni (+20%) di vetture a batteria, più del doppio delle 5,9 milioni consegnate nel 2022.
Nello stesso periodo invece le auto a motore scenderanno sotto 11 milioni, con un calo di quasi il 30% dal 2022. Anche per il Financial Times in Cina le elettriche rappresenteranno il 50% delle vendite totali di automobili nel 2025, obiettivo raggiunto con dieci anni d'anticipo rispetto a quanto preventivato (2035). E questo anche se la crescita dei veicoli a batteria è diminuita dal post-pandemia. Due le conseguenze. Una interna alla Cina, dove il mercato delle auto tradizionali potrebbe scomparire nel prossimo decennio.
L'altra esterna e riguardante i costruttori stranieri, che soffriranno sempre più la rapida ascesa dei competitor cinesi. Anche nel Dragone, uno dei mercati più importanti al mondo per il settore.
Questr'anno, in Cina, i veicoli elettrici hanno registrato una crescita di quasi il 40% , mentre la quota dei produttori esteri è scesa al 37%, minimo storico, rispetto al 64% del 2020. Si spiega così perché l'americana General Motors sia stata costretta a svalutare le attività cinesi di oltre 5 miliardi di dollari. (riproduzione riservata)