La diminuzione nei primi due mesi di quest'anno delle esportazioni cinesi del 2,3% rispetto ai risultati di dicembre 2024 suona anomala rispetto alla crescita dei collegamenti arei cargo tra la Cina e il resto del mondo che in gennaio e febbraio sono aumentati di 35 nuove rotte di cui 19 solo con l’Europa portando il totale ad oggi tra i due continenti a 73 collegamenti settimanali.
Inoltre nei primi due mesi dell'anno l'export della maggiori commodities, prodotti freschi ed elettronici che rientrano nella categoria elettromeccanici (che comprende la componentistica per il settore automotive) e che rappresentano il 60% del totale esportato, ha segnaro un incremento del 5,4%.
Una spiegazione dell'apparente contraddizione la offre il documento programmatico predisposto dal NDRC (National Development and Reform Commission) in occasione dell’avvio della Terza sessione della 14 ° Assemblea del Popolo, in corso a Pechino; documento che fa da controaltare alla relazione letta lunedì scorso dal Primo Ministro Li Qiang.
«Riguardo le opportunità di sviluppo la globalizzazione economica è ancora prevalente nel corso della nostra storia», recita il documento del NDRC, «un nuovo scenario di una rivoluzione scientifica e tecnologica e di una trasformazione industriale rappresenta il nuovo corso. La Belt and Road iniziative è entrata in una nuova fase di alta qualità di sviluppo. Il potenziale del nostro Paese nel commercio internazionale e nella cooperazione per gli investimenti ha continuato ad espandersi».
In questo processo di transizione e di integrazione tra economia reale e digitale il problema occupazionale riveste una priorità rilevante. Nel documento programmatico si pone come obiettivo centrale la creazione anche per il 2025 di oltre 12 milioni di posti di lavoro cui si aggiunge la specificazione “urbani”, mantenendo così un tasso di disoccupazione del 5,5%.
Un primo interrogativo è se l'obiettivo dei 12 milioni riguarda solo i laureati che nella prossima estate raggiungeranno il numero di 12 milioni, secondo i dati del Ministro dell’Educazione, oppure anche altre categorie tra cui, soprattutto, i lavoratori migranti che, nati negli anni sessanta, si trovano ora disoccupati o sottooccupati, e, per la maggior parte, senza un sistema pensionistico di protezione.
Certamente l’occupazione urbana riguarda prevalentemente i giovani così come viene esplicitata nel documento con “il supportare il miglioramento dell’educazione scolastica e sviluppare le competenze dei talent in singole aree di expertise di importanza strategica per creare figure professionali di skill elevato”.
Lo stesso Presidente Xi Jinping, in occasione del National Comitee della Conferenza consultiva politica CPPCCC ha ribadito l’importanza di mantenere un corretto orientamento per traguardare la Cina in una posizione leader nell’educazione, scienza, tecnologia e talenti. Messaggio senza ambiguità sulla competizione tecnologica mondiale.
Il focus reiterato è quello di un urbanesimo come peraltro sta avvenendo nel resto del mondo: una concentrazione o meglio un flusso di persone che cerca la città e ne intravede una speranza di vita. In Cina nel 2024 il tasso di urbanizzazione ha raggiunto il picco del 67% (+0,84 % rispetto all’anno precedente) con dieci milioni di persone che sono trasmigrate dalle campagne alla città di prima, seconda e terza fascia nonché le città satellitari.
In Cina le campagne o perlomeno le aree non urbane rappresentano ancora buona parte della forza agricola. In questo rapporto tra città e campagna sono stati decisi interventi che coprono da un lato un miliardo di persone con forme assicurative generali mentre per 530 milioni di persone con progetti per lavoratori residenti nelle città. Si vuole in qualche modo ridurre il differenziale nel trattamento salariale e assicurativo tra residenti in città e quelli in campagna. Sono anche stati supportati con salari minimi undici milioni di persone.
Per i prossimi anni oggetto del nuovo piano quinquennale 2026-2030 annunciato in questi giorni la cui approvazione vedrà la luce nella prossima assemblea d’autunno, sarà quello di creare un miglior bilanciamento tra campagna e città offrendo soprattutto opportunità in città per i giovani qualificati e trovando forme di protezione e di miglioramento della qualità della vita nelle campagne che rappresentano solo il 33% della popolazione che deve però garantire il raccolto di 700 milioni di tonnellate di cereali per l’alimentazione della popolazione stessa.
È una sfida importante che chiuderà il programma Made in China 2025 che vede la crescita economica ancorata alle esportazioni e contemporaneamente la necessità di tutelare la popolazione che direttamente non è collegata al sistema produttivo dell’export. D’altro canto la città in Cina ha sempre rappresentato nei secoli il fulcro del commercio e della fucina di idee come ben ha narrato Marco Polo nel Milione. (riproduzione riservata)
*presidente di Savino del Bene Shanghai Co. Vive e lavora a Shanghai da 30 anni