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Politica

Dubbi sulla ratifica dell'accordo sugli investimenti con la Cina

Un'intervista del vicepresidente della Commissione, Dombrovskis, ha lasciato paventare un congelamento,, Se il processo continua sul piano tecnico, con la traduzione dei testi, è invece congelato sul piano politico, ossia nel percorso per trovare un accordo con il Parlamento Ue e con il Consiglio


05/05/2021 11:21

di Andrea Pira - Class Editori

Dombrovskis
Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione Ue

C'è confusione sulla presunta sospensione degli sforzi dell'Unione europea per la ratifica dell'accordo sugli investimenti siglato con la Cina a dicembre. A scatenare le polemiche le parole del vicepresidente della Commissione Ue e commissario al Commercio, Valdis Dombrovskis, in un'intervista all'agenzia France Presse.

Oggi, il South China Morning Post scrive che un portavoce dell'Ue ha riferito che i commenti di Dombrovskis sono stati estrapolati dal contesto. In una dichiarazione scritta, Bruxelles ha riportato che "l'accordo deve ora essere legalmente rivisto e tradotto prima di poter essere presentato per l'adozione e la ratifica. Tuttavia, il processo di ratifica non può essere separato dalle dinamiche in evoluzione del più ampio rapporto Ue-Cina".

Nel documento, Bruxelles continua, spiegando che "in questo contesto, le sanzioni di ritorsione cinesi contro i membri del Parlamento europeo e un'intera commissione parlamentare sono inaccettabili e deplorevoli. Le prospettive per... la ratifica dipenderanno da come evolverà la situazione". 

Se il processo continua sul piano tecnico, con la traduzione dei testi, sembra invece arenarsi sul piano politico, ossia nel percorso per trovare un accordo con il Parlamento Ue e con il Consiglio.

Il caso quindi rischia di incrinare ulteriormente i rapporti tra Bruxelles e Pechino, già tesi per le sanzioni imposte dalla Repubblica popolare contro gli eurodeputati Reinhard Butikofer, Michael Gahler, Raphaël Glucksmann, Ilhan Kyuchyuk e Miriam Lexmann, nonché contro altri studiosi ed entità europee come ritorsione contro le misure restrittive decise dal Consiglio Affari Esteri dell'Ue contro funzionari della Regione autonoma dello Xinjiang, ritenuti responsabili per le detenzioni arbitrarie su ampia scala e gli abusi subiti dalla minoranza uigura.

L’accordo risale allo scorso 30 dicembre. Almeno sulla carta viene presentato come aderente alle richieste europee di lunga data di una concorrenza più equa con le aziende cinesi e di un migliore accesso al mercato e impegna Pechino a porre fine ai trasferimenti forzati di tecnologia e ad aumentare la trasparenza sui sussidi alle imprese. Per entrare in vigore l’accordo avrebbe bisogno dell’approvazione formale di ciascuno dei governi dei Paesi membri dell’Ue e di superare il voto del Parlamento europeo. Una conclusione lontana considerato il clima di scontro nei rapporti sino-europei.

L'uscita di Dombroviskis arriva alla vigilia della presentazione di una proposta legislativa con la quale la Commissione Ue vorrebbe dotarsi di un nuovo potere di veto sulle acquisizioni di imprese europee da parte di società partecipate da governi extra-Ue. Uno strumento considerato una sorta di diga soprattutto contro le aziende cinesi. Il provvedimento è stato richiesto a gran voce nei mesi scorsi da più Paesi membri, preoccupati che il governo di Pechino possa sovvenzionare lo shopping di know-how e tecnologie europee.  

L’obiettivo è evitare che sussidi pubblici possano distorcere la concorrenza sul mercato interno, consentendo a controllate di Stati extra-Ue di presentare offerte fuori mercato per comprare aziende europee o per aggiudicarsi bandi pubblicati da amministrazioni comunitarie. Se l’iniziativa legislativa andrà a buon fine, sotto la lente di Bruxelles finiranno tutte le acquisizioni di importo superiore ai 500 milioni e tutte le commesse con valore eccedente i 250 milioni, rispettivamente effettuate od ottenute da soggetti non europei. (riproduzione riservata)


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