Da una delle nazioni più povere al mondo a punto strategico di produzione a basso costo e ad alta tecnologia. È la trasformazione messa in atto negli ultimi dieci anni in Vietnam, la cui economia può sperare di generare la crescita più forte di tutta l'Asia nel 2022.
Con un prodotto interno lordo salito del 13,7% su base annua nel terzo trimestre, una solida domanda interna (+10,1%) sostenuta dai consumi privati e un'inflazione per questo mitigata e vicina al 4%, le prospettive sull'economia vietnamita sono infatti in controtendenza rispetto al rallentamento economico evidenziato da altri Paesi dell'Estremo Oriente, Cina compresa. Nella ultime proiezioni il Fondo Monetario internazionale ha alzato le stime per il prodotto interno lordo del Vietnam di un punto percentuale al 7% per il 2022. Si tratta dell'unica significativa revisione al rialzo tra le principali economie asiatiche, la cui crescita nel complesso è stata invece rivista al ribasso al 6,7%. Per quanto riguarda poi l'inflazione, nel suo ultimo rapporto la Banca Mondiale ha stimato che il governo vietnamita riuscirà a contenere l'aumento dei prezzi al consumo nei prossimi mesi, grazie in particolare al controllo dei costi della benzina. L'istituto stima che il Paese crescerà di almeno il 7,2% nel corso di quest'anno e si affermerà come l'economia più dinamica di tutta l'Asia.
Se da un lato l'impennata di quest'anno beneficia del confronto con un'estate 2021 alquanto debole, è anche vero che è trainata da quello che appare come un riassetto degli equilibri asiatici. A spingere l'economia vietnamita sono infatti in modo particolare gli investimenti esteri (da gennaio a settembre sono aumentati del 16% a oltre 15 miliardi di dollari) di molte multinazionali che hanno scelto il Vietnam invece che la Cina come Apple, come le compagnie di assemblaggio come Foxconn, Pegatron, Luxshare e come i principali marchi tessili e di abbigliamento, preoccupati per le strette normative del governo cinese su molti settori, per le lunghe interruzioni delle catene di produzione dovute alla politica zero-Covid e per le tensioni politiche in atto tra Washington e Pechino. Una forza lavoro qualificata, prospettive economiche positive e i livelli salariali competitivi sono tra i fattori che attirano l'attenzione degli investitori stranieri sul Vietnam.
Il mercato azionario vietnamita «appare interessante dal punto di vista sia delle valutazioni convenienti sia normativo», nota Tim Love, responsabile delle strategie azionarie dei Paesi emergenti di Gam Investments. A seguito di un sell-off, guidato per lo più dalle preoccupazioni per la crescita globale, «i premi a rischio degli investimenti esteri sono crollati, così come i premi al rischio delle valutazioni; se la crescita globale dovesse dunque rivelarsi più robusta, questo mercato potrebbe registrare un forte rimbalzo», ha aggiunto Love. Guardando ai settori, gli immobili industriali e residenziali secondo l'esperto sono ancora molto richiesti, in quanto l'outsourcing cinese verso il Vietnam continua a essere forte. «Anche le banche sono interessanti», aggiunge Love, «con utili per azione solidi e sofferenze in picchiata che, assieme a interessanti dividendi, offrono un rapporto rischio/rendimento interessante».
Quanto alla valuta del Paese (il dong), nonostante la forza del dollaro secondo il gestore l'impatto fiscale negativo sul Vietnam è stato tenuto sotto controllo, tanto che i forti flussi di investimenti diretti esteri e gli aumenti di produttività (oltre a un quadro normativo meno incerto) ora agiscono a favore del credito e della valuta vietnamiti. (riproduzione riservata)