L’Europa intera fa affari con la Cina. La sola Germania arriva a 90 miliardi di esportazioni. Gli Stati Uniti prima o poi troveranno il punto d’incontro sui dazi. L’Italia resta indietro. Michele Geraci, sottosegretario al ministero dello Sviluppo Economico, appare sorpreso dal polverone alzato dalle sue dichiarazioni al Financial Times sul governo gialloverde pronto alla firma del memorandum di intesa sulla Nuova Via della Seta già a fine marzo, in occasione della visita in Italia del presidente Xi Jinping. A Class Cnbc ha spiegato perché tale accordo rappresenta «un’occasione unica» per le aziende italiane.
Domanda. Si aspettava la reazione irritata di Washington alla notizia dell’accordo Italia-Cina?
Risposta. Quella del Financial Times non è una notizia. Di Maio aveva già annunciato durante le nostre visite in Cina che stavamo lavorando a un memorandum of understanding. Ora stiamo smussando gli ultimi dettagli per arrivare a un testo di comune accordo. L’Italia ha sempre detto che guardava con interesse a questa iniziativa. A suo tempo l’ex primo ministro Gentiloni ha partecipato al primo forum Belt & Road Initiative a Pechino, a dimostrazione che si tratta di un dossier avviato non da noi ma dal governo precedente. Noi stiamo solo accelerando, perché temo che possa sfuggirci questa opportunità di fare affari con la Cina e di far sì che l’Italia si giochi un ruolo importante nel Mediterraneo.
D. Allora come si spiega le perplessità avanzate dagli Usa ma anche dall’Europa?
R. Il memorandum of understanding, ossia il testo che viene criticato, lo hanno letto pochissime persone, io e pochi altri, di sicuro nessuno a Bruxelles. Le critiche dunque sono ex ante. Una volta letto l’accordo, tutti questi dubbi, critiche e preoccupazioni svaniranno, perché il testo è in linea con gli standard e le procedure comuni all’interno dei Paesi europei.
D. Che cosa contiene il memorandum?
R. Non è un trattato internazionale, non ci sono obblighi finanziari per il governo; si tratta solo di un aiuto che vogliamo dare alle nostre imprese. La Cina ha avviato la Belt & Road Initiative per portare in Asia, Africa ed Europa investimenti in vari settori: infrastrutture, energia, green economy, trasporti. I Paesi che firmano questo memorandum - e attenzione: l’Italia non è il primo Paese in Europa, perché altre nazioni Ue hanno già firmato - potranno dare una cornice alle loro aziende, che saranno poi libere poi di decidere se e come partecipare. L’Italia è rimasta molto indietro nei rapporti con la Cina. Esportiamo per 13 miliardi, la Germania per 90. L’Inghilterra esporta il 30-40% più di noi, la Svizzera il doppio. E negli investimenti cinesi in Europa l’Italia è fanalino di coda. Non vogliamo alterare gli equilibri nell’Ue, che peraltro fa grandi affari con la Cina, probabilmente senza dirlo.
D. Cioè?
R. In Cina la Francia vende Boeing, la tedesca Siemens vende i suoi prodotti. Pechino ha investito in Inghilterra 80 miliardi negli ultimi 15 anni, mentre in Italia solo 20, di cui 7 solo con l’acquisizione di Pirelli. Vorremmo che anche le imprese italiane approfittassero del grande mercato cinese. Mi sento responsabile sia come italiano sia come sottosegretario al Commercio di far sì che il nostro potenziale, il nostro made in Italy, venga sfruttato prima che sia troppo tardi
D. Non la preoccupano le perplessità degli Stati Uniti in un momento già di alta tensione per la guerra dei dazi?
R. Ho sempre sostenuto che quella commerciale sia una guerra tattica. Trump ha gestito nei confronti della Cina una guerra che si sta trasformando in guerriglia e pian piano si smonterà. Sono molto ottimista sull’esito dello scontro e anche qui dobbiamo approfittarne
D. Il dossier Cina potrebbe creare una nuova frattura nel governo italiano?
R. Assolutamente no. Di Maio si è detto disposto a firmare. Io rappresento la Lega e sono qui per fornire un input tecnico ed economico a questa iniziativa. Siamo allineati anche se provenienti da due partiti diversi.
D. Che cosa rappresenta la visita di Xi Jinping in Italia, in agenda per fine marzo?
R. Un segno di benedizione per le aziende cinesi che vogliono fare business con aziende italiane. Le imprese cinesi troveranno un contorno istituzionale che le proteggerà e lo stesso accadrà alle società italiane che faranno affari con la Cina. E la visita a Palermo, che è la mia città natale, può anche essere ben utilizzata da tutto il Mezzogiorno italiano, perché è segnale molto importante
D. La tappa di Xi Jinping a Palermo è un po’ anche un suo successo personale?
R. Dal primo giorno in cui sono arrivato al ministero dello Sviluppo Economico ho avviato una task force per rappresentarci come Italia. Si tratta di uno sforzo comune. Io ho dato il mio input perché fosse accelerato, ma il merito va condiviso con tutti i membri del governo, le istituzioni, le associazioni di categoria, le imprese che stanno seguendo questo nuovo approccio. Spero che la visita possa essere utilizzata dalle aziende italiane e in questo caso da quelle del Sud. Si tratta di un’occasione unica: approfitto di questa intervista per lanciare il mio appello alle aziende a farsi avanti, a chiamarmi direttamente per dire quali sono le loro intenzioni, le difficoltà e i progetti nei confronti della Cina. Siamo pronti ad ascoltare tutti per far sì che la visita del 22 marzo dia davvero frutti concreti. (riproduzione riservata)