In Asia le potenzialità di mercato della Cina si mantengono elevate, nonostante un contesto attualmente meno favorevole da diversi punti di vista. Inoltre le esportazioni italiane potranno beneficiare dell’impronta industriale decisamente trasformatrice del Vietnam, dalla più nota industria tessile e della lavorazione delle pelli fino all’agroalimentare.
Più in generale, l'Asia-Pacifico è influenzata dalle politiche “zero Covid” attuate specialmente in Cina, oltre che da una differenziazione di geografie a seconda del grado di dipendenza dall’import di materie prime energetiche e alimentari dalle zone del conflitto.
Il fattore prezzo, più dei volumi, spinge a doppia cifra l'export italiano. Nel 2022 le esportazioni Made in Italy cresceranno del 10,3% e nel 2023 si raggiungeranno i 600 miliardi di euro, proseguendo l'andamento positivo con un +5%.
Questo risultato beneficia di condizioni di domanda ancora relativamente favorevoli a livello globale e, nel caso specifico dei Paesi europei, delle risorse messe a disposizione dal programma Next Generation Eu, si legge nell'ultimo rapporto export di Sace. "Abbiamo risorse, strumenti e competenze per affrontare le sfide globali e tenere alta la bandiera dell’export italiano nel mondo", ha commentato l’amministratrice delegata, Alessandra Ricci, presentando il documento assieme al presidente, Filippo Giansante, e al capo economista della partecipata del Mef, Alessandro Terzulli.
Il quadro potrebbe però cambiare a seconda dell'andamento del conflitto in Ucraina. Sace ha elaborato due scenari alternativi a quello base. Nel primo l'intensificarsi del conflitto porterebbe a un indebolimento della crescita globale e a un'ulteriore impennata dell'inflazione. In questo contesto, le esportazioni italiane crescerebbero quest’anno a un tasso del 9,1% (-1,2 punti percentuali rispetto allo scenario base) e registrerebbero un incremento di poco superiore allo zero nel 2023 (+0,5%; -4,5 punti rispetto al baseline).
È invece considerato meno probabile lo scenario che prevede una soluzione del conflitto in tempi brevi. Qualora dovesse concretizzarsi, l’export italiano di beni crescerebbe dell’11% nell’anno in corso (+0,7 punti percentuali rispetto al baseline) e dell’8,3% nel 2023 (+3,4 punti) per poi tornare in linea con lo scenario base nel biennio successivo. (riproduzione riservata)