Le paventate ripercussioni dello sciopero dei portuali americani sui commerci internazionali e, in particolare, sui flussi da e per la Cina sono state, per ora, evitate dall'improvvisa cessazione dell'agitazione alla fine della settimana scorsa.
Domani, dunque, quando riaprirannno i cancelli della fabbriche cinesi, dopo le celebrazioni del 75° anniversario della fondazione della Repubblica e le feste d'autunno, si potrà misurare l’affidabilità delle recenti decisioni prese dal governo di Pechino per il rilancio della crescita, e se mai altre si rendessero necessarie come auspicato dagli stessi economisti cinesi.
Lo sciopero dei lavoratori portuali americani era stato indetto dal 1 ottobre, giorno successivo alla scadenza contrattuale, ed aveva coinvolto cinquantamila lavoratori degli ottantacinquemila iscritti al sindacato; da come era iniziato, poteva prevedere foschi scenari non solo per l’economia americana ma anche per quella cinese, paese con una delle maggiori contribuzioni nell’esportazione. Infatti, nei primi tre giorni di sciopero è stata provocata una massiccia interruzione della supply chain stimata da JP Morgan in USD 4.5 miliardi al giorno.
Questo incidente di percorso avrebbe potuto assumere una valenza negativa quale era accaduta durante il periodo del covid. Tra l'altro gli investitori delle maggiori compagnie marittime avevano puntato su un aumento dei noli, ma il termine dello sciopero non previsto ha comportato una reazione del mercato con una tendenza al ribasso dei titoli delle compagnie marittime.
Inoltre, dal momento che si continua a sostenere che oggi la Cina riversa il suo focus sulle esportazioni, la crisi asimmetrica con il blocco delle merci in entrata avrebbe avuto non poche ripercussioni sul fronte delle stesse esportazioni. Questo dimostra comunque una fragilità ed una incostanza del trend economico mondiale.
D'altra parte, con l’iniezione finanziaria operata dalla Banca Centrale cinese su precise disposizioni governative, l’economia ha tirato un sospiro di sollievo offrendo sia agli investitori una opportunità inaspettata di cui sarà necessario vederne la continuità e la durata sia per le famiglie con mutui in corso che beneficeranno di una riduzione del tasso (LPR) che permette un risparmio mensile ma che non può non considerare che comunque il valore degli immobili ha già subito una svalutazione economica generalizzata.
La favorevole situazione che si è venuta a creare nel mercato azionario cinese, inclusa la borsa di Hong Kong, ha creato un appeal particolare da parte degli investitori esteri che, a fronte di una diminuzione dei tassi negli Stati Uniti ed ad una situazione sempre più incerta nel quadrante mediorientale, vedono nella Cina, ancorché onerata da problemi non risolti, un lido tranquillo cui attraccare.
Gary Ng, senior Economist di Natixis, banca francese di investimenti ha sostenuto che: “Con la predisposizione attuale al mercato, la Cina è correlata in minima parte ai rischi geopolitici del Medioriente rispetto ad altri mercati offrendo una certa stabilità se dovesse scoppiare una guerra”.
Gli Stati Uniti, d’altro canto, ad un mese dalle elezioni devono concentrarsi maggiormente, come è sempre avvenuto, sulle problematiche economiche interne quale baricentro su cui convergono le scelte degli elettori. In questo frangente preelettorale la Cina dovrebbe recuperare l’abbrivio con un vantaggio di immagine nei confronti degli Stati Uniti. (riproduzione riservata)
*presidente di Savino del Bene Shanghai Co. Vive e lavora a Shanghai da 30 anni