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Politica

Cina, marzo porta bene al manifatturiero, salgono gli indici

L'indice Pmi è risultato superiore alle attese degli analisti, sia nell'industria che nei servizi e costruzioni, probabilmente sotto l'effetto di un anticipo di acquisti in vista dei possibili dazi. Cruciale sarà capire come va l'export. Intanto le grandi banche si preparano ad aumentare il sostegno all'economia


31/03/2025 13:07

di Alberto Chimenti - Class Editori

settimanale

L'attività del settore manifatturiero cinese si è espansa a marzo al ritmo più veloce dell'ultimo anno, fornendo un altro segnale di ripresa della seconda economia mondiale, in attesa degli ulteriori dazi dagli Stati Uniti. 

Lo segnale l'indice Pmi manifatturiero di marzo che si è attestato a 50,5 punti, al di sopra dei 50,2 di febbraio e dei 50,4 attesi dal consenso degli economisti. Anche il Pmi non manifatturiero, che copre i settori dei servizi e delle costruzioni, è salito a 50,8 punti a marzo dai 50,4 a febbraio. Il sottoindice che rileva l'attività dei servizi è salito a 50,3 punti da 50, mentre il sottoindice delle costruzioni è aumentato a 53,4 punti da 52,7.

«I Pmi ufficiali suggeriscono che la spesa per le infrastrutture sta tornando a crescere e che le esportazioni sono rimaste finora resistenti di fronte ai dazi statunitensi», ha commentato Julian Evans-Pritchard di Capital Economics. Per l'economista l'anticipazione degli acquisti di beni cinesi ha probabilmente contribuito ad alimentare i nuovi ordini a marzo e la domanda è stata sostenuta anche da alcuni "puntelli interni", con il Pmi ufficiale delle costruzioni che ha toccato un massimo da 10 mesi, probabilmente grazie al sostegno fiscale.

Il settore manifatturiero cinese dovrà affrontare delle sfide nel prossimo trimestre, con i dazi e il rallentamento dell'economia statunitense che minacciano di indebolire la domanda estera, afferma Zhiwei Zhang, capo economista di Pinpoint Asset Management.

«Il grande interrogativo è quanto la crescita delle esportazioni della Cina rallenterà e quanto rapidamente la spesa fiscale riprenderà a compensare l'indebolimento delle esportazioni». L'andamento delle esportazioni cinesi nei primi due mesi dell'anno è stato più debole del previsto. Secondo le stime degli economisti di Goldman Sachs, i dazi proposti dagli Stati Uniti porterebbero l'aliquota tariffaria effettiva totale sulla Cina a quasi il 60%.

È improbabile che i dazi sull'acciaio e sull'alluminio, sulle auto e sulle importazioni critiche, tra cui i semiconduttori, incidano molto sulla Cina, che non esporta grandi quantità di questi prodotti negli Stati Uniti, ma un potenziale dazio del 25% sugli acquirenti di petrolio venezuelano rappresenta un rischio significativo.

Intanto si è appreso che quattro delle maggiori banche cinesi si stanno preparando a sostenere la crescita dell'economia, iniettando nuovi prestiti alle imprese grazie a una nuova raccolta di capitale, quasi interamente sottoscritto dal Ministero delle Finanze per 71,6 miliardi di dollari attraverso la vendita di azioni.

Bank of Communications, Bank of China, China Construction Bank e Postal Savings Bank of China hanno dichiarato di voler raccogliere complessivamente 520 miliardi di yuan, pari a circa 71,6 miliardi di dollari, attraverso collocamenti privati presso investitori, tra cui il Ministero delle Finanze. Secondo i documenti depositati dalle banche, il Ministero sarà l'investitore principale per un totale di 500 miliardi di yuan di azioni.

La mossa arriva poche settimane dopo che Pechino si è impegnata a emettere mezzo trilione di yuan di obbligazioni speciali del Tesoro per rafforzare il capitale dei maggiori istituti di credito statali del Paese. Il Ministero delle Finanze ha dichiarato che emetterà 500 miliardi di yuan di tali bond per finanziare la transazione.

L'operazione mira a rafforzare il core Tier 1 delle banche, un indicatore chiave della solidità finanziaria, ed è stata annunciata per la prima volta a settembre, nell'ambito del passaggio di Pechino a un approccio politico più muscolare per rivitalizzare l'economia. Sebbene tutte le principali banche cinesi siano in regola con i requisiti patrimoniali, gli istituti hanno lottato con margini di profitto sottili e una montagna di prestiti inesigibili in un contesto di crollo immobiliare prolungato. (riproduzione riservata)



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