«Ci sono diversi fattori che danneggeranno l'economia dell'Ue. In primo luogo, c'è l'effetto diretto dei dazi sull'economia. In secondo luogo, l'imposizione di dazi molto più elevati alla Cina porterà a una maggiore concorrenza sul mercato interno e sui mercati terzi. Infine, ci saranno livelli senza precedenti di incertezza nella politica commerciale che peseranno a lungo sugli investimenti e sui consumi interni. Una lieve recessione nell'area euro nel 2025 è ora probabile. La Bce taglierà i tassi al di sotto del tasso neutro all'1-1,5%», è stato il primo commento di Tomasz Wieladek, Chief European Economist di T. Rowe Price.
I possibili effetti sull'Europa e l'Unione a 27 dei provvedimenti annunciati dal presidente americano sono al centro delle analisi di economisti ed esperti in queste ore.
«Mettere dazi sui farmaci significherebbe scherzare con il fuoco, il fuoco della salute dei cittadini americani e dell'esplosione degli oneri sociali legati alla salute ma soprattutto determinare stati di carenze di farmaci, aumenti di costi e spostare in tempo zero investimenti e cervelli verso la Cina, che è il Paese che sta raggiungendo gli Usa nella capacità di fare innovazione, ricerca e sviluppo di nuovi farmaci e vaccini», ha avvertito Marcello Cattani, presidente di Farmindustria, settore per ora escluso dalle tariffe statunitensi, aggiungendo che «la filiera farmaceutica è una filiera molto complessa e innovativa e richiede una capacità industriale che si fonda sulle competenze. E sulle competenze l'Italia è leader al mondo, Trump non può prescindere dai farmaci Made in Italy (11 miliardi nel 2024) e da quelli europei».
Per quanto riguarda direttamente l'Italia e i rapporti bilaterali con la Cina, Confagricoltura paventa «un massiccio riversamento di prodotti da altri Paesi che subiranno le tariffe americane, per esempio la Cina». «Come Italia usciamo sicuramente penalizzati dall'introduzione dei dazi da parte degli Stati Uniti, in particolar modo per quanto riguarda i prodotti di fascia media: penso ad alcuni vini, all'olio d'oliva, alla pasta e ai sughi pronti», ha dichiarato Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, aggiungendo che «la risposta non può che essere unitaria, europea, convinta».
Sul fronte dell'auto elettrica, l'Ue potrebbe essere spinta a rivedere la politica tariffaria per limitare l'importanzione di auto cinesi, raccogliendo le indicazione di un recente sondaggio europeo da cui emerge che la maggioranza di cittadini italiani (52%) si dichiarano favorevoli a un'apertura maggiore verso il mercato cinese, chiedendo l'abolizione dei dazi compensativi imposti dalla Commissione europea sulle auto elettriche (Bev) importate dalla Cina. Questi dazi, validi per cinque anni, prevedono tariffe variabili dal 7,8% al 35,3% a seconda del produttore, che si aggiungono al precedente del 10%. i costruttori cinesi procedono spediti con lo sviluppo dell'elettrico.
La ricerca è stata condotta da AutoScout24 a livello europeo, coinvolgendo oltre 6.000 partecipanti in sei Paesi che per il 33% si è detto favorevole ad allentare le restrizioni sull'importazione di modelli cinesi, mentre il 37% lo considera un errore. «In questo scenario, i produttori cinesi stanno portando sul mercato europeo proposte sempre più competitive, sia dal punto di vista tecnologico che del rapporto qualità-prezzo. I dazi introdotti dalla Commissione europea influenzeranno il breve periodo, ma difficilmente potranno fermare un'evoluzione che appare già in atto», ha commentato Sergio Lanfranchi del Centro Studi AutoScout24.
A conferma di tutto ciò, He Yadong, portavoce del ministero del commercio cinese, ha confermato oggi che Cina e l'Unione Europea (UE) hanno concordato di riprendere tempestivamente i negoziati per un piano di impegno in materia di prezzi in merito all'indagine antisovvenzioni sui veicoli elettrici (EV) cinesi. Il funzionario ha sottolineato che la ripresa dei colloqui fa parte degli sforzi per promuovere un ambiente stabile per gli investimenti e la collaborazione industriale tra le imprese cinesi e dell'UE.
Per quanto riguarda il lusso, gli analisti di Beremberg non si aspettano nulla di buona dal mercato cinese dove « i consumi affrontano 'venti contrari' strutturali. L'euforia dei risultati del 4* trimestre ha lasciato il posto a un quadro più complesso in vista dei numeri dei primi tre mesi dell'anno. Le sfide del primo trimestre includono una base di confronto difficile, scorte esaurite e la crescente incertezza economica negli Stati Uniti». Questo supporta l'opinione degli esperti che il 4* trimestre 2024 non abbia segnato la svolta nel ciclo del lusso».
Luigi De Bellis, capo dell'Ufficio Studi Equita, prevede che «la Cina potrebbe intensificare le misure di stimolo interno per contrastare gli effetti economici negativi. Dopo una fase di debolezza dei mercati, che potrebbe protrarsi per qualche giorno, è probabile che si inizino a vedere margini di ripresa, sostenuti dalle prospettive di negoziazione e dalle risposte delle banche centrali. La maggior parte delle banche centrali, infatti, potrebbe vedere questa situazione come un ulteriore incentivo a tagliare i tassi d'interesse».
Più pessimista è Joachim Nagel, numero uno della Bundesbank, per il quale «la serie di dazi imposti dal presidente degli Stati Uniti minaccia l'economia globale e mette in discussione i risultati ottenuti dalla Banca Centrale Europea nella lotta all'inflazione e mettono in pericolo la stabilità economica globale», secondo Nagel che è, tra l'altro, membro del Consiglio direttivo della Bce, «il risultato sarà un attacco alla prosperità di tutti. La crescita economica globale diminuirà. I prezzi aumenteranno».
«L'incertezza sulle prospettive rimane alta, soprattutto a causa delle crescenti frizioni nel commercio globale», ha concordato il suo collega Luis de Guindos, vicepresidente della Banca centrale europea, puntualizzando che «un'escalation delle tensioni commerciali potrebbe comportare un deprezzamento dell'euro e un aumento dei costi delle importazioni, mentre la spesa per la difesa e le infrastrutture, di cui c'è grande necessità, potrebbe far aumentare l'inflazione attraverso la domanda aggregata. Anche le tensioni geopolitiche potrebbero portare a un aumento dell'inflazione a causa delle interruzioni del commercio, dell'aumento dei prezzi delle materie prime e dei costi dell'energia».
Su questi foschi scenari, si è allineata la presa di posizione ufficiale del governo cinese che attraverso il Ministero del Commercio ha dichiarato di «opporsi fermamente ai "dazi reciproci" degli Stati Uniti», annunciando che «adotterà risolutamente contromisure per salvaguardare i propri diritti e interessi».
«La storia dimostra che l'aumento dei dazi non può risolvere i problemi degli Stati Uniti, danneggia gli interessi statunitensi e mina lo sviluppo economico globale, nonché la stabilità della catena industriale e di approvvigionamento. Non c'è nessun vincitore in una guerra commerciale e il protezionismo non porta da nessuna parte», ha concluso il funzionario cinese, esortando «gli Stati Uniti a eliminare immediatamente le misure tariffarie unilaterali e a risolvere adeguatamente le differenze con i propri partner commerciali attraverso un dialogo paritario». (riproduzione riservata)